Una serie diretta da Julian Jarrold, Elisa Amoruso. Con Gaia Girace, Valentina Bellè, Barbara Chichiarelli, Francesco Colella, Simona Distefano. Crime drama. Italia, 2023
La serie racconta la storia vera di tre donne, nate nei più feroci e ricchi clan della ‘ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata per distruggerli. Le protagoniste devono combattere contro le proprie famiglie per il diritto di sopravvivere e costruire un nuovo futuro per i loro figli.
“The Good Mothers ci ha catturato con i suoi personaggi multi-sfaccettati, trattati con molta cura, che si evolvono davanti ai nostri occhi. Ci ha fatto commuovere, provare ansia e in alcuni momenti ci ha lasciato senza fiato”.
Queste le parole con cui la giuria ha motivato l’assegnazione alla serie prodotta da Disney+ e diretta da Julian Jarrold ed Elisa Amoruso del Berlinale Series Award, il primo riconoscimento diretto a serie TV e streaming istituito da un festival di fama mondiale.
La consapevolezza che si può godere dell’intrattenimento audiovisivo anche in modi diversi dal cinema ma altrettanto validi si sta diffondendo anche nei settori più “alti”.
Martedì sera ero presente anch’io tra il pubblico dello Zoo Palast a vedere l’anteprima di “The Good Mothers”. Sono d’accordo con le parole della giuria, perché i primi due episodi mi hanno coinvolta. Ma non avendo visto nessuna della altre serie in concorso non posso dire se è stata premiata la migliore oppure no. Mi ritengo solo molto fortunata, nell’aver scelto di vedere proprio la vincitrice della sezione!
A imporsi all’attenzione del pubblico e dei giurati le location e le performance del cast, che conferiscono al prodotto un estremo realismo. Le vicende raccontate si basano su storie vere, raccolta dal giornalista Alex Perry nel libro omonimo.
Di film e serie sulla mafia tratte da storie vere ne abbiamo viste tante nel corso degli anni, direte voi, cosa rende “The Good Mothers” speciale? Il fatto che qui sono le donne – mogli, madri e figlie dimenticate e maltrattate nella società brutalmente patriarcale dei clan della ‘ndrangheta – ad essere al centro del racconto.
Concentrandosi sui volti e sugli sguardi delle protagoniste, la regia porta avanti una narrazione ansiogena ma allo stesso tempo capace di momenti di delicatezza, quasi a ricordare al pubblico che può esserci amore anche in quell’inferno. E che è proprio l’amore, molto spesso, a generare il coraggio.