Ogni giorno in Italia scompaiono tre persone senza che nessuno ne abbia più notizia. Il 22 giugno 1983 scomparve a Roma Emanuela Orlandi. Emanuela è mia sorella, sono trentacinque anni che non la vedo. Aveva quindici anni quando qualcuno l’ha portata via. Non so dove si trova, non so se è viva, ma so qual è la sua colpa: essere una delle pochissime persone cittadine dello Stato Vaticano.
Inizia con queste parole, precise quanto amare, lo speciale di “Scomparsi”, docu-serie in sei puntate su Crime+Investigation che andrà in onda da martedì 23 gennaio alle 22.00. Al timone della trasmissione proprio Pietro Orlandi.
Oltre a Emanuela, saranno cinque le storie raccontate: quella della trentenne piemontese Federica Farinella, scomparsa nel 2001 sotto gli occhi della famiglia, durante un pranzo nella casa in campagna a Chiusano d’Asti; del ventitreenne Emanuele Arcamone, scomparso da Ischia l’8 maggio del 2013; di David Fedi, famoso artista e writer, conosciuto con lo pseudonimo di Zeb, sparito il 29 maggio 2008, alla vigilia di un’importante esposizione. E ancora, quella di Nicholas Ravaioli, 18enne dal vissuto già drammatico, sparito da casa dei genitori a Forlì il 17 giugno 2009, e di Fabrizio Catalano, 19 anni, di Collegno, misteriosamente scomparso il 21 luglio 2005.
Se raccontare il dolore di una famiglia di fronte a una perdita è complicato, lo è ancora di più descrivere l’intricato mix di sentimenti – la speranza, la disperazione, l’incapacità di arrendersi, i tentativi frustrati – che accompagnano la sparizione di un fratello, di un figlio, di un marito.
“Scomparsi” non cerca di emulare lo stile e la linea editoriale dello storico programma Rai “Chi l’ha visto?”. Tutt’altro. Il programma porta il pubblico dentro la singola storia, attraverso le testimonianze, i ricordi e le interviste ai familiari, senza però mai cadere nel retorico o nel sensazionalistico. A prevalere è un racconto quanto più possibile asciutto e preciso dei fatti. Sta a chi guarda, poi, farsi la propria opinione su come siano andate le cose.
Pietro Orlandi è l’uomo giusto al posto giusto, un Virgilio malinconico e lucido che accompagna lo spettatore tra le pieghe di questi fatti di cronaca sbiaditi dal passare del tempo. Per tutti, ma non per le famiglie delle vittime – o presunte tali.
Emanuela Orlandi era una ragazza di 15 anni come tante quando scomparve, il 22 giugno 1983, dopo una lezione nel centro di Roma. L’ultima persona a vederla fu un compagno di corso. La sua unica colpa, quella di essere una cittadina dello Stato Vaticano.
Ne è sicuro il fratello Pietro, dopo 35 anni d’ostinata indagine che lo hanno portato a scontrarsi a più riprese contro un muro di silenzi e depistaggi. Il caso, trattato inizialmente dalle autorità italiane con superficialità, divenne poi d’interesse nazionale e internazionale. Ma a oltre trent’anni di distanza ancora nessuno ha saputo dirgli cosa ne è stato di sua sorella.
Lo spettatore osserva con ammirazione e coinvolgimento crescente la rigorosa e toccante ricostruzione dei fatti, provando rabbia, stupore e indignazione per quanto accaduto e per come ancora oggi verità e giustizia siano negate a Emanuela e ai suoi cari.
Difficilmente il programma “Scomparsi” permetterà agli Orlandi e alle altre cinque famiglie di riavere indietro ciò che hanno perso, ma almeno, nella loro ricerca della verità, potranno contare sul supporto e la partecipazione di un ampio pubblico.