Dopo tante polemiche, fiumi d’inchiostro e speculazioni – la famiglia Versace ha preso due volte la distanza dalla serie, definendola “fantasiosa”, la Fox ha difeso la scrupolosità della sua creatura, ispirata al libro della giornalista Maureen Orth (edito per l’occasione in Italia da Tre60) – la parola passa al pubblico.
Debutta oggi su FoxCrime “L’assassinio di Gianni Versace” (The assassination of Gianni Versace), seconda stagione in 9 puntate del fortunato format “American Crime Story” ideato da Ryan Murphy, che lo scorso anno ha messo in scena il caso OJ Simpson e nel 2018/2019 dovrebbe concentrarsi sui pasticci dell’amministrazione Bush ai tempi dell’uragano Katrina – usiamo il condizionale perché un riacceso interesse su qualche altro fatto di cronaca potrebbe, come è successo questa volta, cambiare la scaletta.
Edgar Ramírez è Gianni Versace, Penélope Cruz la sorella Donatella, Ricky Martin il fidanzato di lunga data dello stilista, Antonio D’Amico. Darren Criss è l’americano di origini filippine Andrew Cunanan, il killer, che in precedenza si era macchiato di altri 4 delitti.
Dal momento che il finale della storia – come nel caso di OJ – è ben noto, quello che resta da vedere – e giudicare – è il modo con cui gli showrunner hanno deciso di mettere in scena la materia. E come gli attori si sono calati nei rispettivi ruoli. Se la somiglianza di Ramírez con Versace è impressionante, e gioca a favore dell’attore venezuelano, la star di “Glee” Darren Criss è chiamata a una prova di spessore come Cunanan, il killer su cui, di fatto, è incentrata la serie.
Tra sartorie milanesi e moda (non tanta e non gestita in modo troppo accurato, stando ai commenti dei critici), colonna sonora anni ’90, racconto di una società profondamente ipocrita nei confronti dell’omosessualità, “L’assassinio di Gianni Versace” promette di far discutere e riflettere. Non tanto – e non solo – su un crimine avvenuto il 15 luglio 1997.