“La casa di carta”: il commento alla quarta stagione della serie Netflix

Certi elementi collaudati ritornano, ma i nuovi episodi sono piuttosto deboli e tutto sommato inutili

Una serie ideata da Álex Pina. Con Úrsula Corberó, Itziar Ituño, Álvaro Morte, Pedro Alonso, Alba Flores, Miguel Herrán, Jaime Lorente. Drammatico. Spagna. 2017-in produzione

 

Alla fine dei nuovi otto episodi della “Casa di carta”, la serie spagnola cult prodotta da Netflix, ci resta una domanda su tutte: c’era davvero bisogno di questo iato tra la terza stagione e la quinta che arriverà?

Dopo che la banda guidata dal Professore aveva portato a termine la rapina alla Zecca di Stato e si era poi riunita per salvare Rio, organizzando en passant un secondo colpo, c’era grande curiosità su quello che sarebbe successo (anche visto il climax finale della 3° stagione).

Nonostante io abbia divorato i nuovi episodi in poco tempo – merito del montaggio serrato e del cast, che in questi anni abbiamo imparato ad amare o odiare –, questi sono di fatto abbastanza inutili.

La quarta parte della “Casa di carta”, diciamolo, è la più debole di tutte. La situazione di stallo iniziale si muove ben poco, i problemi alla fine sono più o meno gli stessi. E il finale, per quanto ad effetto, non può considerarsi risolutivo.

Certi elementi cari e connotativi della serie ritornano, restano – il ritmo, ad esempio, fatto di alti e bassi, di accelerate e frenate, di discorsi lunghi e monologhi filo-patriottici. E poi la colonna sonora, con le canzoni italiane che danno quel qualcosa in più, e il ritorno di alcuni amati personaggi.

Ma mentre attendiamo la quinta stagione, ci rendiamo conto che questa parte non ha la stessa forza delle precedenti. E ci viene da chiederci se, come spesso è accaduto in tv, il successo e l’affetto del pubblico non abbiano finito per avere ripercussioni negative sulla “Casa di carta”, spingendo produttori e sceneggiatori a insistere su una storia che aveva già dato il meglio di sé e che sarebbe stato meglio, forse, archiviare.

 

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