Intervista alle attrici Valeria Golino e Alba Rohrwacher

A Londra presentano il film di Laura Bispuri "Figlia mia", ma il 2018 è stato un anno ricco di progetti

Il London Film Festival è un’occasione d’oro per i giornalisti di scoprire nuove realtà del panorama cinematografico. Cuore nevralgico dell’evento è sicuramente il May Fair hotel, con le sue sale conferenza e i famosi Afternoon tea.

Le stelle di Londra, oggi, sono due attrici italiane, protagoniste dell’ultimo film di Laura Bispuri, “Figlia mia”, dove interpretano due donne e madri: Alba Rohrwacher e Valeria Golino.

Le incontro in una conference room. La mia prima impressione è quella di dialogare con due personalità incredibilmente luminose, con tante cose da raccontare ma che sanno anche andare dritte al sodo. Alba e Valeria sono due interlocutrici straordinarie, molto dinamiche e pazienti, anche quando le mie domande spaziano fuori da “Figlia mia”.

Giusto il tempo di presentarmi mentre preparo il materiale e cominciamo immediatamente la nostra intervista.

 

Innanzitutto, benvenute su Parole a Colori, è un onore avervi qui con noi oggi. La prima domanda che vorrei farvi è come vi siete trovate a lavorare insieme e quali sono state le sfide principali nel mettere in comunicazione i vostri due personaggi?

Alba: Lavorare insieme è stato bellissimo, è stato molto sincero perché abbiamo creato sin da subito un bel rapporto…

Valeria: …un rapporto di complicità e sincerità.

Alba: Si, siamo riuscite a dirci delle cose, anche con Laura, molto vere e non sempre positive ma ce le siamo dette per far si che i nostri personaggi crescessero. Rispetto alla mia esperienza, Valeria mi ha aiutata tantissimo. Vedere come lavorava è stata una cosa a cui ho pensato tanto, anche facendo altri film, soprattutto il suo modo di essere nella scena e di gioire dell’essere guardata. A me che sono molto più chiusa ha insegnato molto. È stato un lavoro bello tra noi due, tra noi tre – Laura, Valeria e io – e io adesso mi porto degli insegnamenti di Valeria con me, nel mio lavoro.

Una scena del film “Figlia mia” (2018)

E per te Valeria?

Valeria: Per me è stato molto simile come esperienza, perché poi, come sai, it takes two to tango (Bisogna essere in due per ballare, ndr). Comunque, è chiaro che poter essere anche al mio peggio, scontenta senza dover far finta di no, e poter dire ad Alba che qualcosa non mi piaceva e dare sinceramente a lei l’opportunità di dirlo a me, è una cosa che non è scontata, non succede tra attori. Spesso il regista sai ha tantissimo da fare, deve capire cosa sta succedendo nella scena, però gli attori sono il primo impulso, cioè noi siamo dentro la scena quindi ancora prima che arrivi il regista sappiamo se c’è qualcosa che non va o se sta succedendo qualcosa di bello. Quindi, potersi interfacciare con una persona, anche senza parole, e capire se la scena stava andando bene oppure no…

Alba: Se ci credevamo o non ci credevamo.

Valeria: È stato anche per me un’esperienza nuova. Poi in un ruolo che per me era in un qualche modo ostico, perché volevo mantenere il rigore del personaggio ma, allo stesso tempo, non riuscivo sempre ad amarlo perché non riuscivo sempre ad aderire psicologicamente al mio personaggio, ed è anche per questo che ho scelto di farlo.

Parlando proprio del tuo personaggio, Valeria, come è stato interpretare per la prima volta una madre così severa e rigorosa?

Valeria: Io ho interpretato madri su madri, ho fatto tanti ruoli di madri tipo quella che interpreta Alba, un po’ folle ed estroversa, per esempio in “Respiro”. Però era la prima volta che lavoravo su un personaggio come Tina e ho scelto di farlo anche perché è un ruolo che mi ha messo qualche volta a disagio, soprattutto questo aspetto un po’ cupo che le appartiene. Essere professionisti non mi interessa, non vuol dire niente per me, l’unico motivo per cui dopo tanti anni voglio fare ancora questo lavoro è il poter avere delle esperienze che mi portano altrove.

E invece per te Alba come è stato relazionarti con Angelica, questa madre un po’ fuori dagli schemi e un po’ pazza?

Alba: Facendolo, sono riuscita a gioire di questo personaggio, perché questo personaggio dava tantissime possibilità ma allo stesso tempo ti esponeva tantissimo. La sfida era pari al rischio, quindi all’inizio ero anche spaventata di cadere nel cliché dell’alcolizzata, sempre in eccesso, con tutti i sentimenti sempre mostrati e amplificati. Un personaggio che provoca in qualsiasi situazione, eccessivamente disinibito, era da una parte un’occasione, dall’altra un rischio. Ci sono arrivata affascinata, però solo facendolo ho iniziato a capire quanto potesse essere anche divertente. Mentre il mio primo ricordo del film è un ricordo di fatica, piano piano ho capito quanto questo personaggio potesse essere liberatorio e quanto deresponsabilizzante fosse il poter dire “io ci provo, mi butto”. In un certo senso, io attrice ho adottato il pensiero di Angelica per vedere cosa succedeva alla fine. Poi comunque avevo già lavorato con Laura per “Vergine giurata” ed è stato anche divertente raccontare prima un personaggio tutto imploso e poi uno completamente sopra le righe.

Mettendo per un attimo da parte “Figlia mia”, Valeria quest’anno hai presentato al Festival di Cannes “Euforia”, un film che ti vede nel ruolo di regista. Com’è stato il passaggio da davanti a dietro la macchina da presa? E com’è nata quella storia?

Valeria: Il film esce tra pochi giorni al cinema, e sono molto emozionata. Ora siamo qui per parlare di “Figlia mia”, quindi voglio parlare molto poco di “Euforia”, anche se lo farei per ore! Diciamo che il film è nato tre anni fa e lo spunto l’ho preso dalla vita vera. È una storia che ho vissuto indirettamente, attraverso l’esperienza di un mio caro amico, e dai sui racconti ho cominciato a mettere giù qualche idea. Ho capito che c’era un racconto in questa storia che parlava di tante cose, non solo di famiglia, ma di come ci sentiamo oggi e della paura della morte. Tante cose che mi interessano. Per quanto riguarda il passaggio da attrice a regista, devo dire che mi piace molto fare la regista.

Un’ultima domanda per te, Alba. Tu sei qui al London Film Festival sia con “Figlia mia” che con “Lazzaro felice” diretto da tua sorella, ed è stato interessante vederti in due ruoli così diversi. Che cosa ti ha colpito di Lazzaro e com’è stato lavorare con Alice?

Alba: La storia di Lazzaro mi commuove e mi coinvolge, tocca una parte di me molto profonda senza che io riesca a spiegare bene perché. Dei film di mia sorella, Lazzaro è quello che sento più vicino; stranamente, la storia mi ha commosso sin dall’inizio, già dalla sceneggiatura ero dentro questo viaggio nel tempo che fa Lazzaro, nella storia e nell’anima. Poi lavorare con Alice va oltre l’essere attrice, è un condividere il film fin dalle fondamenta. Anche con Laura è un po’ così, però con Alice si condivide nel bene e nel male.

Valeria: Poi sai, lavorare con la regista, che è la madre dei personaggi ma anche la tua sorella più piccola!

Alba: È un incastro profondissimo. Io, i personaggi di Alice li conosco quasi come se fossero parenti, Alice mette insieme questi gruppi di personaggi eterogenei per cui poi, il mio lavoro di attrice con lei, è quello di semplicemente ascoltare e reagire alle storie che portano gli altri. Ecco, è un lavoro, molto diverso.

 

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