“Hill House”: una serie horror dove la casa “stregata” domina la scena

Su Netflix i primi dieci episodi, ideati e diretti da Mike Flanagan, ispirati al romanzo di Shirley Jackson

Una serie ideata e diretta da Mike Flanagan. Con Michiel Huisman, Carla Gugino, Paxton Singleton, Henry Thomas, Timothy Hutton, Elizabeth Reaser, Lulu Wilson. Horror. USA. 2018-in produzione

 

Come ogni genere cinematografico che si rispetti, anche l’horror è caratterizzato da filoni ben precisi, che permettono di catalogare un prodotto audiovisivo. “Hill house“, serie televisiva diretta e ideata da Mike Flanagan, appartiene a quello dove il protagonista è un luogo, prima ancora dei personaggi in carne e ossa.

La casa – stregata, infestata, terrificante – è una delle scelte più ovvie, per via delle tantissime soluzioni di sceneggiatura semplici ed estremamente efficaci possibili. Pensiamo solo alla classica botola, che dà accesso a uno spazio altro, che nasconde un mistero. In questo caso abbiamo la porta rossa.

Flanagan non è un novellino dell’horror, anzi, non a caso ci sono moltissime soluzioni visive interessanti che costruiscono un’atmosfera ispirata, nella quale raccontare una storia di fantasmi.

Basata sul romanzo di Shirley Jackson “L’incubo di Hill House”, la serie Netflix racconta gli incontri e scontri della famiglia Crain con una casa infestata. Dopo la morte in circostanze sospette della madre, gli altri membri della famiglia lasciano la casa, ma l’incubo non sembra svanire. Alcuni ricordi, seppur sbiaditi, sono difficili da dimenticare, e i personaggi tornano a interrogarsi su quanto successo.

Nel plot della serie è facile notare alcune somiglianze con il libro “It” di Stephen King, di recente adattato per il cinema da Andy Muschietti. Anche in questo caso i personaggi si muovono su due diversi piani temporali, passato e presente, con gli adulti di oggi perseguitati dai demoni di ciò che è successo un tempo.

La formula episodica scelta – dieci puntate piuttosto lunghe, che vanno dai 42′ ai 70′ – favorisce l’approfondimento e la riflessione a discapito però del ritmo. Flashback e flashforward scandiscono una narrazione dove i fantasmi sono una costante nell’inquadratura.

Flanagan, che in passato ha già lavorato con Netflix al film “Il gioco di Gerald”, porta lo spettatore a dubitare del luogo in cui vive, dei ricordi che conserva e del passato che potrebbe avere. La chiave di tutto è il suo interesse per il modo con cui un luogo plasma chi ci vive, dando il là a storie vecchie e nuove, non sempre a lieto fine.

 

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