“Gli irregolari di Baker street”: un teen drama in costume nel segno del caos

La serie Netflix in otto episodi è un'accozzaglia di elementi, che stravolge i personaggi noti

Una serie ideata da Tom Bidwell. Con Thaddea Graham, Darci Shaw, Jojo Macari, McKell David, Harrison Osterfield, Henry Lloyd-Hughes, Royce Pierreson, Aidan McArdle. Crime drama, mistery. Regno Unito. 2021-in produzione

 

Chi scrive, da bambino preferiva leggere la Gazzetta dello Sport piuttosto che un buon libro. Ho cercato di colmare la mia ignoranza negli anni, anche stimolato dalla visione di film e serie Tv ispirate a grandi classici.

Perché quello tra libri e cinema/tv è un binomio produttivo da sempre – pensiamo a tutte le sceneggiature che hanno per protagonisti personaggi come Dracula, Frankenstein. Oppure Sherlock Holmes.

Il successo del detective di Baker Street, nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle, è stato travolgente quanto inaspettato. La sua intelligenza viva e visionaria ha scatenato la creatività di registi e produttori, dando vita a una lunga serie di avventure, quasi sempre di grande successo.

Il “quasi” mi sento di scriverlo a ragion veduta, dopo essermi sorbito gli otto episodi di “Gli irregolari di Baker Street”, la serie Netflix disponibile dal 26 marzo.

Se Robert Downey Jr. e Benedict Cumberbatch, il primo al cinema, il secondo in tv, hanno dato non solo nuovo lustro al personaggio ma anche maggiore fascino e profondità umana, quello degli Irregolari ci sembra un chiaro caso di bluff comunicativo messo in piedi da Netflix.

La figura di Sherlock Holmes è stata infatti usata per strizzare furbescamente l’occhio agli appassionati e spingerli alla visione… salvo restare prima spiazzati e poi letteralmente delusi alla fine del primo episodio.

Alle vicende dei giovani protagonisti fa da sfondo la Londra vittoriana di fine Ottocento, una città divisa tra tradizione e modernità, ignoranza e scienza, e caratterizzata da un forte classismo, da sacche vistose di povertà e dalla fascinazione verso il misticismo e l’occulto.

Tom Bidwell, ideatore della serie, ha colto l’occasione di inserire nella sua sceneggiatura un po’ di tutto: l’ambientazione storica e un personaggio come Sherlock che piacciono sempre, gli immancabili spunti esoterici e horror che oggi vanno tanto di moda, qualche dinamica da teen drama.

Il risultato, purtroppo, è ampio ma caotico all’inverosimile. Fin quasi alla fine non si capisce bene dove la storia voglia andare a parare, e si va avanti quasi per inerzia, “curiosi” di capire quanto si saranno spinti in là gli sceneggiatori. Troppo, davvero, troppo.

Scegliere coscientemente di riscrivere la caratterizzazione di personaggi divenuti un vero e proprio patrimonio culturale universale – immaginando un dottor Watson ambiguo, invidioso e sfuggente, uno Sherlock ombra di se stesso, quasi caricaturale, ad esempio – è un’operazione rischiosa, ad alto rischio flop.

È quanto succede all’ambizioso Bidwell, convinto di poter stravolgere impunemente la tradizione e le regole d’ingaggio nell’adattare un classico, senza pagarne il prezzo sul piano creativo e artistico, e ai suoi “Irregolari”.

La serie è costruita con taglio da teen drama, forzando la cornice di partenza. Dopo i primi due episodi, complessivamente stuzzicanti, l’impianto narrativo si sgretola, perdendo coerenza e logicità e non trovando più la sua identità.

Al di là della volenterosa prova dei giovani interpreti, “Gli irregolari di Baker Street” è una scommessa persa, almeno per adesso. Una serie che si rivolge al pubblico giovane, target su cui Netflix sta investendo parecchio, ma che deluderà sia i fan di Sherlock Holmes che quelli delle serie dark e/o mistiche.

Un flop trasversale, insomma, per quella che è a mio parere una delle peggiori rivisitazioni del detective di Baker street viste fino a oggi.

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