Matteo Garrone, Marcello Fonte ed Edoardo Pesce presentano “Dogman”

L'adattamento della storia vera del "canaro" di Roma colpisce per la violenza calibrata e i protagonisti

Dieci minuti di applausi hanno accolto la proiezione ufficiale al Gran Theatre Lumiere di “Dogman”, il film di Matteo Garrone presentato in concorso alla 71° edizione del Festival del cinema di Cannes.

Il regista romano insieme ai due attori protagonisti, Marcello Fonte ed Edoardo Pesce, hanno risposto alle domande dei giornalisti in conferenza stampa. Tra loro, anche il vostro inviato, che non si è fatto sfuggire l’occasione di soddisfare qualche curiosità.

 

Buon girono a Matteo Garrone e bentornato a Cannes. È corretto parlare di “Dogman” come di una storia di giustizia piuttosto che di vendetta?

Garrone: Assolutamente sì. Il processo di scrittura della sceneggiatura è stato molto lungo [12 anni, ndr], articolato, faticoso. Sebbene l’idea fosse quella di partire da un fatto di cronaca nera avvenuto a Roma, con il passare tempo ci siamo resi conto che ci stavamo allontanando da quello per analizzare qualcosa di più profondo e intenso. Non volevo limitarmi a raccontare la trasformazione di una persona normale in un mostro. Mi sono bloccato più volte, in questi anni, intuendo che alla sceneggiatura mancava qualcosa. La svolta è stato l’incontro con Marcello Fonte: le sue qualità, il suo talento, la sua fisicità mi hanno dato la spinta necessaria a concludere il progetto.

A Roma la storia del canaro è nota come esempio di crudeltà e vendetta – viene usata anche come modo di dire, “Mi vendico come il canaro”. Del tuo film, invece, spiazza il fatto che non sia inutilmente cruento. Le scene crude sono dosate, non eccessive, mai disturbanti. Precisa scelta drammaturgica?

Garrone: Come ho detto prima, la svolta è stata aver trovato Michele. È su di lui che abbiamo costruito il personaggio di Marcello, muovendoci anche in direzioni inusuali. So bene che il fatto di cronaca del canaro è noto a Roma soprattutto per i dettagli violenti, ma le difficoltà maggiori nello scrivere la sceneggiatura le ho riscontrate proprio in questo. Ero restio a inserire all’interno del film esplicite scene di violenza e tortura. Sebbene il cinema italiano sia abituato a scene del genere – penso a “Un borghese piccolo piccolo”, ad esempio -, io volevo raccontare questa storia da una diversa prospettiva.

Con Marcello Fonte è stato un colpo di fulmine, da quello che ci hai raccontato finora. Cosa ci dici dell’altro protagonista della storia, Simoncino alias Edoardo Pesce? 

Garrone: Ho riscontrato nei lineamenti fisici, nel modo di recitare e nella sensibilità di Marcello una grande somiglianza con l’attore americano Buster Keaton, di cui sono un grande estimatore. Entrambi possiedono il dono di trasmettere al proprio personaggio umanità, gentilezza, timidezza. Marcello Fonte ha fatto un lavoro straordinario, ma non avrebbe colpito l’immaginazione e commosso il pubblico così tanto se non ci fosse stato un “cattivo” altrettanto credibile e intenso. Edoardo Pesce è stato bravissimo nell’interpretare Simoncino e renderlo antipatico, sgradevole, al contempo nemesi e modello per il protagonista.

Marcello Fonte ti senti di aggiungere qualcosa?

Fonte sorride e con il suo particolare timbro di voce, ormai diventato celebre spiega:

È stato un lavoro bellissimo quanto difficile. Mi sono sforzato di far rimanere il mio personaggio come un fiore di loto in mezzo all’orrore e alla violenza. Con Matteo Garrone abbiamo lavorato duramente affinché il Marcello del film evitasse di sporcarsi, di contaminarsi con la realtà.

Il vostro cronista sorride, e con rispetto s’inserisce:

Insomma, il Marcello di finzione alla fine qualcosina di sporco lo fa…

Fonte: Sì è vero, ma le sue azioni vanno inserite in una cornice narrativa più ampia e generale. Marcello è un uomo dalla vita distrutta, solo e ferito dopo il tradimento di Simoncino. Se si vendica non è per il semplice gusto di farlo.

Garrone interviene nella diatriba narrativa, offrendo la sua chiave di lettura:

Marcello imprigiona Simoncino in una gabbia, ma è pronto a liberarlo non appena riceverà delle vere e sincere scuse da parte dell’ex amico. Marcello vuole ottenere giustizia recuperando rispetto e dignità all’interno della comunità in cui vive.

Dogman può essere visto come un film politico? Ci sono dei rimandi alla situazione italiana attuale?

Garrone: Direi di no. Ho voluto raccontare una storia scevra da condizionamenti politici e possibili interpretazioni filosofiche. Marcello non è un vendicatore per scelta, ma per necessità.

Edoardo Pesce, prima di tutto complimenti per la tua interpretazione davvero superlativa a livello recitativo quanto fisico. Negli ultimi mesi ti abbiamo visto in due ruoli “cattivi” – quello di Giovanni Brusca nella serie Rai “Il cacciatore” e adesso questo. Puoi raccontarci se esistono delle differenze, tra i due personaggi, e le loro forme di malvagità?

Pesce: Ti ringrazio molto per i complimenti. Entrambi i personaggi sono dei mostri che non conoscono altra modalità di comunicazione e capacità di relazionarsi con il prossimo se non la forza e la violenza. Ma per quanto possa apparire strano, sono accumunati da una malvagità che definirei infantile, nata dal pessimo rapporto con i genitori – col padre Brusca, con la madre Simoncino. Oltre a un’indole predisposta al male, i loro comportamenti e azioni malvagie hanno un’origine familiare.

Qual è stata la difficoltà maggiore nell’interpretare Simoncino?

Pesce: Fisica, soprattutto una grande fatica fisica.

E su questa battuta inaspettata, un sorridente Edoardo Pesce chiude il nostro incontro con il regista e i protagonisti di “Dogman” al Festival di Cannes.

 

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