Una serie ideata da Sam Levinson. Con Zendaya, Maude Apatow, Angus Cloud, Eric Dane, Alexa Demie, Jacob Elordi. Teen drama. USA. 2019-in produzione
Dopo una pausa di due anni, e due episodi speciali leggermente stilizzati incentrati uno su Rue (Zendaya), uno su Jules (Hunter Schafer), la première della seconda stagione di “Euphoria” (disponibile su Sky Atlantic in lingua originale e dal 17 gennaio anche in italiano) riporta gli spettatori nel profondo del suo universo disturbante e psichedelico, senza scusarsi, in modo sfacciato.
“Cercando di andare in paradiso prima che chiudano la porta” si apre, come spesso abbiamo visto accadere nella serie, con un flashback di quasi dieci minuti sul passato di Fez (Cloud) e sulla sua relazione con la nonna gangster che lo ha cresciuto e introdotto allo spaccio di droga. Si intuisce l’intenzione degli sceneggiatori di esplorare le relazioni genitoriali e i modelli infantili che hanno reso i personaggi quelli che sono.
Le qualità che hanno reso “Euphoria” un unicum nel ricco panorama dei teen drama statunitensi sembrano confermate: le sequenze che mescolano fantasia e realtà, la fotografia psichedelica, l’inebriante miscela di musica, immagini e sensazioni. Ma tutto sembra indicare la voglia di andare più a fondo, in questo arco narrativo, di strappare più emozioni, di spingersi più a fondo.
Il carisma naturale di Zendaya fa vibrare Rue di un’energia da cui è impossibile distogliere lo sguardo. Intensità, autenticità ma anche ferocia sono al centro della sua interpretazione: una combinazione tra adrenalina e dramma che fa riflettere.
Sam Levinson ha lavorato sullo stile, facendo in modo che inquadrature, luci e movimenti contribuiscano a creare una sorta di incantesimo sul pubblico. “Euphoria” si conferma una serie che mette a disagio, parecchio, ma che non si può fare a meno di guardare.