“Cobra Kai”: 3 motivi per cui la 5° stagione della serie è da dimenticare

Il sequel di Karate Kid, disponibile dal 2020 su Netflix, conferma i difetti del passato

È disponibile dal 9 settembre su Netflix la quinta stagione di “Cobra Kai”, la serie ideata da Jon Hurwitz, Hayden Schlossberg e Josh Heald, come ideale spin-off/sequel della trilogia cinematografica “The Karate Kid”.

I nuovi 10 episodi riprendono la storia da dove l’avevamo lasciata. Dopo l’esito scioccante del torneo di All Valley, Terry Silver amplia l’impero di Cobra Kai e cerca di rendere il suo “nessuna pietà” l’unico stile presente in zona. Con Kreese dietro le sbarre e Johnny Lawrence che mette da parte il karate per rimediare ai danni da lui provocati, Daniel LaRusso deve chiedere aiuto a una vecchia conoscenza.

Ralph Macchio, William Zabka e Martin Kove riprendono i rispettivi ruoli, e non sono le uniche “vecchie conoscenze” che il pubblico deve aspettarsi di vedere. Al di là dell’effetto nostalgia, che dopo 5 anni comincia comunque ad attenuarsi, la quinta stagione di “Cobra Kai” ha più pregi che difetti… vediamo 3 motivi per cui, pur a malincuore, ne avremmo anche potuto fare a meno. 

 

1 LA STORIA È GIÀ STATA SFRUTTATA AL MASSIMO. Lo avevo evidenziato già dopo aver visto la quarta stagione (qui la recensione), e i nuovi episodi lo hanno confermato: ci sono limiti che sarebbe meglio non superare, quando si cerca di ampliare un universo narrativo, se non si vuole diventare monotoni. Al di là di un paio di episodi ispirati, infatti, il resto è una forzatura narrativa, un ripetersi di situazioni e rivalità tra i personaggi già viste. Gli sceneggiatori hanno ceduto alla tentazione, nefasta, di imitare altre saghe cinematografiche e televisive di successo e così facendo hanno persona la loro originalità e purezza.

Yuji Okumoto è Chozen Toguchi. Cobra Kai (2022)

 

2 TANTE PAROLE, POCHI COMBATTIMENTI, SOPRATTUTTO NELLA PRIMA PARTE. La nuova stagione è più dialogata, ma questo va a discapito dell’azione, soprattutto di quella sul tatami. E questo svilisce parecchio la filosofia stessa di “Karate Kid”, dove le arti marziali erano una parte fondamentale della storia. La situazione migliora con l’arrivo della new entry Kim Da-Eun, interpretata dalla bravissima Alicia Hannah-Kim, nipote di quel Kim Sun-Yung, che a suo tempo ha insegnato a Kreese e Silver il karate La sensei Da-Eun, reclutata da Silver per istruire gli studenti del dojo Cobra Kai, ed il travaglio interiore vissuto da Tory riportano il karate,  inteso come metafora della vita e della scelta tra due opposte concezioni di forza e compassione, al centro della storia. 

 

3 IL RIPESCAGGIO DI PERSONAGGI ORIGINARI FUNZIONA MA NON SPACCA. Anche in questa stagione non viene meno il ripescaggio di personaggi provenienti dalla trilogia originaria. Dopo John Kreese, Terry Silver, Ali Mills, Kumiko e Chozen, è il turno del bad boy Mike Barnes (Sean Kanan) e della ex fiamma di Daniel, nonché migliore amica dell’attuale moglie, Jessica Andrews (Robyn Lively). La “fiammata originale”, però, si spegne subito e la sua portata viene ridimensionata in un finale frettoloso, zoppicante e caotico.

 

Archiviata questa stagione di “Cobra Kai”, già si parla della sesta. Ci auguriamo, per il bene di tutti, che segni un ritorno alle origini, a una storia che ha fatto di combattimenti e buoni sentimenti il suo punto di forza. E naturalmente, che sia davvero l’ultima!

Exit mobile version