“Bridgerton”: la serie dei record di Netflix, mix di ironia e romanticismo

La storia di Daphne e del duca di Hastings, tra balli, pettegolezzi e splendide ambientazioni

Una serie creata da Chris Van Dusen e prodotta da Shonda Rhimes. Con Phoebe Dynevor, Regé-Jean Page, Jonathan Bailey, Nicola Coughlan, Claudia Jessie, Adjoa Andoh, Polly Walker. Sentimentale, drammatico. USA. 2020-in produzione

 

Cosa scrivere su “Bridgerton”, una serie su cui non solo hanno già scritto tutti ma, stando ai dati rilasciati da Netflix, è anche già stata vista da mezzo mondo, che possa essere non dico originale ma quanto meno interessante?

Primo progetto nato dall’accordo milionario tra il colosso dello streaming americano e la mitica Shonda Rhimes (se non è una garanzia di successo questo…), adatta per il piccolo schermo la serie di otto romance di Julia Quinn, che Mondadori sta ripubblicando integralmente (al momento, sono usciti i primi tre). 

Ambientata nell’epoca della Reggenza (1811-1820), la serie – in costume e sfarzosa – segue le vicende della famiglia Bridgerton, e nello specifico dei suoi otto rampolli, impegnati a cercare marito/moglie nell’Inghilterra dell’epoca. Si comincia con Daphne (Dynevor), la prima figlia femmina… Con questo ho esaurito le specifiche tecniche/di contorno, se volete saperne di più vi rimando al pezzo di Sofia Peroni.

Tornando a noi, al “qualcosa di originale/interessante” da scrivere su questi otto episodi, ho deciso di andare sul sicuro – chi lascia la strada vecchia per la nuova… Perché “Bridgerton” è un progetto di successo, a mio parere? Cosa rende questa serie speciale, e in generale meritevole di essere vista – lo so, neanche così scriverò cose particolarmente sconvolgenti, ma quanto meno, essendo mie opinioni personali, non le troverete altrove!

Bessie Carter è Prudence Featherington, Harriet Cains è Phillipa Featherington. Bridgerton. Nick Briggs/Netflix © 2020

Prima di tutto, “Bridgerton” è una serie ironica e divertente, che non si limita a raccontare – bene – la storia d’amore e passione che nasce tra Daphne Brdgerton e Simon Basset, duca di Hastings (Page) – ma fa un ritratto, esagerato e talvolta caricaturale, della società dell’epoca, dei suoi vezzi, delle sue contraddizioni, dei suoi limiti.

In questo senso, la “presenza” della misteriosa Lady Whistledown che, moderna Gossip Girl, commenta in modo salace quello che accade durante “la stagione” in una serie di articoli è decisamente utile. E scoprire l’identità della “signora”, in realtà, non è neppure così importante per chi guarda. Ci piace il fatto che lei ci sia, che presumibilmente sia una donna, che non risparmi stoccate a nessuno.

Quando nell’ultimo episodio la maschera – pardon, il cappuccio! – scende e scopriamo il viso dell’autrice, invece, è difficile non rivalutare tutto il suo operato alla luce della sua storia e delle sue esperienze. E quella che Eloise Bridgerton (Jessie) ha idealizzato come una paladina dell’indipendenza femminile, uno spirito libero, una Donna con la D maiuscola perde parecchio del suo spessore.

Foto credits: Nick Briggs/Netflix © 2020

Tornando a noi, “Bridgerton” è una serie a suo modo originale perché non ha paura di mostrare una società variegata e, soprattutto, persone variegate. A differenza di altri romance in costume, qui non ci sono solo damine perfette dai capelli biondi e gli occhi azzurri e aitanti cavalieri. Tra corsetti, piume tra i capelli, tiare e via discorrendo, la serie lancia un bel messaggio di body positivy, che in questo periodo male non fa!

I personaggi hanno i loro pregi e difetti, anche fisici, e per questo risultano meno stereotipati e più realistici. E, soprattutto, hanno i loro caratteri. Così Eloise è una voce fuori dal coro del “circo matrimoniale” che ci fa piacere sentire – anche se, verosimilmente, nel suo romanzo, “A sir Philip, con amore”, finirà per sposarsi anche lei. 

È difficile scegliere un “best character” – confesso, per una volta, di aver apprezzato anche la protagonista femminile, Daphne, che a suo modo un po’ di carattere ce l’ha. La palma di personaggio più urticante, invece, va senza ombra di dubbio a Siena Rosso (Sabrina Bartlett), la cantante lirica amante di Anthony Bridgerton. Odiosa in tutto, soprattutto nella voce doppiata – vi consiglio di vedere la serie in lingua originale, quanto meno questo ve lo risparmierete.

Foto credits: Nick Briggs/Netflix © 2020

Per gli amanti delle specifiche tecniche, la fotografia è curata e molto bella, i costumi e le acconciature sono eccessive e deliziose, la colonna sonora è coinvolgente e accompagna in maniera perfetta la storia. 

Non mancano le scene passionali – gli showrunner fanno sapere che nella prossima stagione ce ne saranno di più, ma personalmente nemmeno queste mi sono sembrate pochissime! – ma nemmeno gli spunti di riflessione. Uno su tutti: l’ignoranza delle signorine di buona famiglia su certi argomenti (il sesso, per dirne uno).

A inizio Ottocento, quanto a (dis)informazione, sarebbe stato meglio nascere cameriera che lady. E come non apprezzare, allora, la nostra vita moderna, le nostre possibilità, la nostra libertà? Nascere donna, nel 2021, non sarà una passeggiata, ma sfido a trovare un’epoca storica in cui lo sia stato di più.

Foto credits: Nick Briggs/Netflix © 2020

E con questo, chiudo la riflessione. Netflix ha già annunciato che ci sarà una seconda stagione (qualcuno si spinge più in là, sperando di passare in compagnia dei Bridgerton almeno una decina d’anni, e in effetti il materiale per farlo non mancherebbe), incentrata su Anthony e sul suo romanzo, “Il visconte che mi amava”.

Noi non vediamo l’ora di farci di nuovo travolgere da un turbinio di balli, promenade, picnic sull’erba. E naturalmente scandali e storie d’amore.  

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