Non ho l’età, cantava una giovanissima Cigliola Cinquetti al Festival di Sanremo nel 1964, e personalmente, dopo aver visto la serie Netflix “1899” firmata dagli ideatori di “Dark”, avrei la tentazione di cimentarmi a mia volta nel brano, se non fosse che sono stonato come una campana.
Il progetto della rodata coppia Baran Bo Odar e Jantje Friese è sicuramente interessante, ma per chi, come me, ha visto l’avvento di serie come “Twin Peaks” e “Lost”, quelle sì, davvero rivoluzionarie, non è facile gridare oggi al capolavoro.
Niente di particolarmente nuovo sotto il sole, insomma, ma grazie anche alle solide risorse economiche e produttive messe in campo da Netflix “1899” può meritare una visione, sempre che si lascino da parte i superlativi assoluti e gli entusiasmi esagerati. Ecco 3 pregi della serie:
1 LA SCELTA DELL’AMBIENTAZIONE – UNA NAVE – HA GRANDE POTENZIALE. Da un lato rievoca l’effetto “Titanic” e ci aspettiamo che il dramma sia sempre dietro la prossima onda – o angolo; dall’altra lo spazio chiuso e limitato crea pathos e permette di focalizzarsi molto sui personaggi e le loro azioni.
2 I PERSONAGGI PARLANO LINGUE DIVERSE e questo aiuta a dare un’idea di verosimiglianza ma anche di piccola Babele in mezzo al mare.
3 TECNICAMENTE PARLANDO LA SERIE È UNA CHICCA, cosa di per sé non nuova, se pensiamo che si tratta di un prodotto Netflix. Ma vale sempre la pena sottolineare che dietro una ricostruzione storica attenta e accurata, e bei costumi e scenografie si nasconde un grande lavoro da parte dei comparti tecnici. Mai dare niente per scontato!
“1899” è una serie intrigante, ricca di colpi di scena anche se forse eccessivamente criptica e cervellotica nella scrittura. “Il troppo stroppia” dovrebbe essere un detto da tenere sempre presente, quando si tratta di serie tv…