“Super Happy Forever”: 3 punti di vista per una storia d’amore e morte

Kohei Igarashi idea e dirige un progetto funzionale e credibile sull'elaborazione del lutto

Un film di Kohei Igarashi. Con Hiroki Sano, Yoshinori Miyata, Nairu Yamamoto, Hoang Nhu Quynh. Drammatico, 94′. Francia, Giappone 2024

Accompagnato dall’amico Miyata, Sano torna a Izu, una località balneare del Giappone dove cinque anni prima si era innamorato della moglie Nagi.

 

Lamore può esseri magico, inaspettato, unico. Ma anche crudele e imperscrutabile come il destino. Già, l’amore e il destino spesso si intrecciano, compiono insieme un pezzo di strada illudendo una coppia che il sentimento sarà per sempre.

“Super Happy Forever” di Kohei Igarashi, film d’apertura delle Giornate degli autori a Venezia 2024, nonostante il titolo apparentemente allegro e positivo regala più di una sopresa.

Nella prima parte assistiamo ai tentativi di Sano (Sano) di superare lo shock per la morte improvvisa della moglie Nagi (Yamamoto), avvenuta nel sonno. Per superare il lutto l’uomo ha deciso di tornare, insieme all’amico Miyata, nell’albergo dove cinque anni prima è iniziato tutto.

Lo spettatore deve compiere un certo sforzo, per seguire le azioni di Sano in queste sequenze ben scritte e ben interpretate ma dal ritmo piuttosto compassato. Il vedovo, infatti, sembra trovare conforto solo nell’ubriacarsi e nel criticare l’amico fastidiosamente ottimista e positivo dopo aver seguito un corso che si chiama “Super Happy Forever”.

Il film cambia marcia quando Sano rimane colpito dal canto della cameriera vietnamita Anh e si apre un lungo flashback che porta il pubblico indietro nel tempo. La protagonista adesso è Nagi che pensa di passare il weekend con un’amica e invece incontra per caso l’amore.

Il racconto del primo incontro tra i due futuri coniugi, vissuto e raccontato dal punto di vista di lei – una Nauru Yamamoto dal grande talento e personalità –, eleva il progetto nella sua interezza, dando maggiore profondità e senso anche alla prima parte. 

“Super Happy Forever” risulta quindi un progetto funzionale e ben bilanciato, grazie anche alla terza e più ridotta parte, incentrata sulla cameriera Anh. Sarà la sua storia, con il desiderio di tornare in patria e porre fine all’esperienza giapponese, a costituire il “tassello mancante” o se volete il filo rosso dell’altra vicenda.

L’uomo non ha alcuna possibilità di controllare amore e morte, sembra volerci dire Kohei Igarashi. Quello che possiamo fare è solo vivere intensamente il primo e accettare la seconda come una parte integrante della storia.

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