“Sulla mia pelle”: la storia di Stefano Cucchi, una discesa agli inferi

Alessandro Borghi sfida il proprio corpo e i propri limiti nel film di Alessio Cremonini prodotto da Netflix

Un film di Alessio Cremonini. Con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora, Milvia Marigliano. Drammatico, 100′. Italia 2018

L’ultima settimana nella vita di Stefano Cucchi è un’odissea fra caserme dei carabinieri e ospedali, un incubo in cui un giovane uomo di 31 anni entra sulle sue gambe ed esce come uno straccio sporco abbandonato su un tavolo di marmo. Alessio Cremonini ha scelto di raccontare una delle vicende più discusse dell’Italia contemporanea come una discesa agli inferi cui lo stesso Cucchi ha partecipato con quieta rassegnazione, sapendo bene che alzare la voce e raccontare la verità, all’interno di istituzioni talvolta più concentrate sulla propria autodifesa che sulla tutela dei diritti dei cittadini, sarebbe stato inutile e forse anche pericoloso.

 

Chi era Stefano Cucchi? Perché lo spettatore medio dovrebbe interessarsi alle cause della morte di un giovane detenuto, avvenuta il 22 ottobre 2009 nel reparto di medicina separata dell’Ospedale Pertini di Roma? E perché tanto clamore e attenzione mediatica hanno circondato le aule di tribunale dove si sono svolti i processi inerenti alla vicenda?

Perché, fino a prova contraria, l’Italia è uno Stato democratico oltre che di diritto e in quanto tale è sconcertante che un cittadino muoia “inspiegabilmente”, mentre si trova sotto tutela legale e giudiziaria.

Nel 2009 Stefano Cucchi è un 31enne con un diploma di geometra e una vita già segnata dalla tossicodipendenza. Probabilmente non l’immagine del bravo ragazzo da presentare ai parenti il giorno di Natale, eppure sta cercando di riprendere in mano la propria vita e lasciarsi alle spalle la droga.

La sera del 15 ottobre, viene fermato da una pattuglia dei carabinieri per sospetto spaccio di droga. Morirà in ospedale il 22 ottobre, vittima del sistema giudiziario ma anche delle sue reticenze, della mancata denuncia di quanto avvenuto sotto custodia.

“Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini, che ha aperto la sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia 2018, non è un film di denuncia fine a se stessa o di manichea distinzione tra buoni e cattivi, come temevo, piuttosto un disperato e accorato appello morale, sociale e creativo del regista affinché emerga in modo chiaro quanto successo a Cucchi quel giorno.

Il film traspone oltre 10.000 pagine di verbali, studiati, assimilati e vissuti emotivamente prima ancora che drammaturgicamente da Cremonini e Lisa Nur Sultan. La loro sceneggiatura è essenziale, semplice, diretta, ogni parola, gesto, movimento del corpo di ogni attore sulla scena è stato preparato prima a livello umano ed emotivo e solamente poi sul piano recitativo.

“Sulla mia pelle” è stato vissuto con un approccio quasi francescano dal cast tecnico e artistico, con l’intento di far parlare i fatti e le carte, così da evitare accuse di distorsione della realtà e lasciare al pubblico l’ultima parola.

Alessandro Borghi sfodera, mai come in questo caso, una magistrale prova d’attore e una totale, profonda e radicale immersione nel personaggio sul piano emotivo e fisico oltre che recitativo. L’attore ha sfidato il proprio corpo e messo alla prova i propri limiti, sottoponendosi a una rigorosa dieta con il supporto di una nutrizionista per indossare in modo totale la pelle di Stefano.

Fin dalla lettura del soggetto questo è stato percepito come coraggioso e urgente anche dai produttori (Lucky Red e Netflix, ndr), spinti a credere nel progetto anche per una sorta di senso di responsabilità verso la storia.

“Tutti conoscono a grandi linee la vicenda Cucchi ma pochi le dinamiche precise – ha dichiarato il produttore Andrea Occhipinti in conferenza stampa. – C’era necessità di essere oggettivi ma di farlo, un film come questo”.

“Sulla mia pelle” è dunque un film perfetto? No, ovviamente. Ci sono dei passaggi stilistici, narrativi e registici meno riusciti di altri, poco approfonditi o frettolosi, ma nonostante questo è una pellicola che lascia un segno profondo nella mente e cuore dello spettatore. E che molto probabilmente si toglierà delle soddisfazioni anche a livello di premi, se non a Venezia in altri festival.

“Un film, per quanto bello, coinvolgente e riuscito non vuole né può sostituirsi alla sentenza di un tribunale – ha sottolineato il regista Alessio Cremonini – ma sicuramente può assolvere a un’importante funzione d’informazione e accendere un riflettore sul caso giudiziario, ancora in corso”.

Stefano Cucchi merita giustizia. La sua famiglia merita giustizia. Tutti noi dobbiamo pretenderla, perché casi come questo non si verifichino più, nel nostro civile e democratico Paese.

 

Il biglietto da acquistare per “Sulla mia pelle” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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