“Solo: a Star Wars story”: quando Ian Solo e l’Impero erano giovani

Ron Howard lascia sullo sfondo la storyline generale della saga per concentrarsi sul particolare

Un film di Ron Howard. Con Alden Ehrenreich, Woody Harrelson, Emilia Clarke, Donald Glover, Thandie Newton. Azione, 135′. USA 2018

Tempi duri per la Galassia, forze oscure tramano nell’ombra e minacciano la Repubblica. Ma Ian è ancora troppo giovane per occuparsi delle cause dei grandi. L’unica cosa che desidera davvero è pilotare una nave spaziale per sfuggire l’oppressione con Qi’ra, la ragazza che ama. Intrepido e sfrontato, ha carattere da vendere e il coraggio di provarci ma nella fuga qualcosa va storto e il destino lo separa da Qi’ra. Ian si arruola come pilota, guadagna il cognome e promette di tornare a prenderla. Disertore per amore e poi ladro, imbroglione e contrabbandiere, vince a carte il Millennium Falcon e impara sul campo le regole del gioco.

 

Ambientato negli anni più bui del dominio dell’Impero sulla galassia lontana lontana, “Solo: a Star Wars Story” di Ron Howard si situa cronologicamente prima degli eventi raccontanti in “Star Wars Episodio IV: Una nuova speranza”.

L’Impero è giovane, così come il protagonista Han (Ehrenreich), che vive di piccoli furti sul pianeta Corellia, sognando di diventare il più grande pilota dell’universo e fuggire con la sua amata, Qi’ra (Clarke). Il destino lo porterà a incontrare personaggi poco raccomandabili come Tobias Beckett (Harrelson) e Lando Calrissian (Glover), al fine di risolvere una questione di debiti con lo spietato Dryden Vos (Bettany), e a rivedere in parte la sua idea di futuro.

Nel nuovo, atteso spin-off della saga di fantascienza cult, ritroviamo molti volti noti – lo Wookiee Chewbecca, ad esempio, o un giovane Lando Calrissian, probabile protagonista in futuro di un film tutto suo – e tematiche classiche, ma non solo.

Il film, infatti, riesce anche a prendere un po’ le distanze dai predecessori per essere solo un western fantascientifico. Non ci sono spade laser, qui; non c’è alcun segno di Darth Vader né riferimenti al potere della Forza.

E ciò nonostante l’opera di Howard offre esattamente quello che vorresti e ti aspetteresti da un film sul giovane Han Solo: fughe rocambolesche, alleanze improbabili, tanta azione. Un lungo viaggio intergalattico tra bufere di neve, campi di asteroidi, paludi, città nuvolose, giocato con personaggi che difficilmente si dimenticano.

Mixando l’action con la commedia, con momenti interessanti sotto l’aspetto della fotografia e delle inquadrature in cui è molto visibile la mano del regista, a non convincere del tutto è proprio il giovane protagonista: Alden Ehrenreich. Il suo atteggiamento compiaciuto e arrogante risulta forzato, anche per un personaggio che sappiamo parlare prima e pensare poi. Per quanto si cerchi di non farlo, il paragone con Harrison Ford viene naturale…

Meglio il resto del cast, soprattutto quello che lavora su personaggi originali o quasi: il Beckett di Harrelsonm è un degno uomo da commedia, la Clarke sembra assaporare il mistero dell’enigmatica Qi’ra e Paul Bettany si inserisce magnificamente nel pantheon dei cattivi di Star Wars. E tra tutti questi umani, spicca il droide di Lando, L3-37, unico, esilarante e toccante.

Nonostante il cambio di regia avvenuto a riprese quasi ultimate – Ron Howard in sostituzione di Phil Lord e Christopher Miller che avevano contrasti creativi con la produzione -, “Solo” è un buon film che forse non fa rimanere il pubblico a bocca aperta, ma nemmeno lo delude.

Un tipo diverso di storia di Star Wars, questo è certo, con solo un accenno alla storyline generale della saga e maggiore attenzione al particolare, e con il coraggio di esplorare anche gli aspetti più oscuri di un personaggio che avrebbe potuto fin troppo facilmente essere raccontato con la lucentezza inoffensiva adatta alle famiglie Disney.

 

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