Un film di Abel Ferrara. Con Willem Dafoe, Matteo Garrone. Documentario, 82′. Italia 2017
Sede di un mercato storico della Capitale, Piazza Vittorio è oggi l’emblema di un’integrazione interetnica problematica ma possibile, in una posizione centralissima, tra palazzi storici affascinanti e l’inurbamento di una popolazione così multirazziale da ricordare a tratti a quella newyorkese. Con troupe ai minimi termini, Abel Ferrara intervista per strada residenti di lungo e breve corso, commercianti, homeless e migranti che transitano o bivaccano nei dintorni. In arrivo da Nigeria, Afghanistan, Burkina Faso, Guinea, Bosnia, Perù, Bangladesh, Moldavia, dalla badante al griot (cantastorie africano), dal macellaio egiziano alla ristoratrice cinese al lavoratore a giornata sudamericano.
Caro Abel, mi permetto di scriverle queste poche righe in italiano, fiducioso che le possa comprendere, almeno in parte, dato che da qualche anno ha scelto di trasferirsi con la sua famiglia in Italia, diventando a tutti gli effetti un cittadino della città eterna.
Sebbene lei sia un uomo e un regista intelligente, attento, sensibile ai cambiamenti della società, ancora non ha compreso un aspetto fondamentale del suo nuovo Paese. Anche se costituzionalmente l’Italia è una soltanto, nei fatti gli italiani sono rimasti fermi ai tempi dei Comuni!
Non è tenuto a conoscere la nostra storia, ci mancherebbe, ma in questo modo il suo “Piazza Vittorio”, per quanto interessante e a tratti divertente, presenta un grande limite, fin dalla sua genesi.
Lo spettatore medio che vive sopra la linea gotica potrebbe non avere grande interesse a vedere un film incentrato su una realtà romana tanto circoscritta. Mi spingo oltre, anche se le sembrerò provocatorio: temo che anche un residente di Roma Nord possa avere qualche difficoltà a entusiasmarsi per il suo documentario, non perché non apprezzi il suo talento, ma piuttosto per il fastidio di vedere messa in luce una situazione che gli crea disagio.
Caro Abel, lei ha voluto raccontare con i suoi occhi di straniero innamorato di Roma come una delle più belle piazze cittadine sia cambiata nel corso degli anni, diventando il simbolo dell’integrazione e della convivenza tra etnie diverse.
Purtroppo, la sua Piazza Vittorio è solamente una delle tante prospettive possibili di una tematica complessa e fonte di polemiche continue.
L’immigrazione è un fenomeno ricco di sfumature: c’è chi come il macellaio egiziano vive e lavora in Italia dagli anni ’80; chi come i cinesi ha comprato un negozio a metà degli anni ’90, ha messo su famiglia qui e manda i figli nelle scuole italiane; chi come Willem Dafoe e Matteo Garrone ha scelto questa zona forse sperando che diventasse una sorta di Greenwich Village italiano.
Al momento questo non è successo, e per quanto la sua visione sia chiara e schierata, caro Abel, lo ha notato anche lei – altrimenti non avrebbe avuto senso portare le telecamere fin dentro la sede del movimento di estrema destra CasaPound, per dare voce anche a chi crede che lo straniero sia fonte solo di problemi e contaminazione in senso negativo.
Se Piazza Vittorio è andata incontro a un forte degrado urbanistico e sociale la “colpa” non è degli stranieri, in larga parte perfettamente inseriti, quanto piuttosto dei romani veraci, che hanno preferito abbandonare questo quartiere storico.
Alla presentazione a Venezia il documentario ha accesso un forte dibattito, e spero succeda lo stesso quando uscirà nelle sale romane. La speranza è che anche gli spettatori che vivono fuori dal raccordo anulare abbiano la voglia di partecipare. Personalmente ho qualche dubbio a riguardo.
Il biglietto da acquistare per “Piazza Vittorio” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.