Un film di Janus Metz Pedersen. Con Chris Pine, Thandie Newton, Laurence Fishburne, Jonathan Pryce, Ahd. Thriller. USA 2022
Otto anni dopo un tragico attentato terroristico a Vienna, durante il quale un gruppo di estremisti islamici prese in ostaggio un volo di linea e uccise tutti i passeggeri, Henry Pelham, agente della Cia all’epoca di stanza nella capitale austriaca, viene incaricato di interrogare i colleghi di allora, che con lui gestirono il sequestro e fallirono, con lo scopo di scoprire chi fosse la talpa che mandò a monte l’operazione di salvataggio. Henry si reca dunque da Celia Harrison, l’ex collega di cui era innamorato e con la quale stava per andare a convivere, e la interroga nel corso di una lunga e tesissima cena. Chi tradì a Vienna? E cosa è rimasto dell’amore che un tempo legava Henry e Celia?
Chi vi scrive trova quasi sempre molto stimolante leggere le opinioni dei colleghi su film e serie tv. Perché personalmente credo che nessun (buon) giornalista possa sopravvivere nel marasma di internet, senza dare almeno un’occhiata ai pezzi altrui.
Se recensire un film, trovare la giusta chiave interpretativa per raccontarlo al lettore, coglierne i pregi e soprattutto i difetti non è impresa facile, per me in modo particolare quando il film in questione adatta un romanzo, le mie opinioni e quelle degli altri differiscono spesso parecchio. È il caso di “La cena delle spie” di Janus Metz Pedersen, disponibile su Prime Video dall’8 aprile.
La maggioranza dei colleghi ha lodato lo spunto iniziale, dove lo sceneggiatore (che è lo stesso autore del libro) ha fatto rivivere il genere spy story in modo classico e rispettoso dei canoni, applicandolo però al tema del terrorismo islamico, quindi molto moderno. Una posizione che condivido pienamente. “La cena delle spie” inizia bene, dal punto di vista narrativo, registico e interpretativo.
Lo spettatore è catapultato nella storia, assistendo al dirottamento di un aereo a Vienna e partecipando emotivamente all’incapacità dell’intelligence americana di evitare la strage. Per gli agenti che hanno lavorato, fallendo, all’operazione, sarà un duro colpo, tanto che molti decideranno poi di lasciare il lavoro sotto copertura.
Passano otto anni, un tempo lungo per tutti ma non per la CIA, che vuole capire cosa sia andato storto a Vienna e chi abbia tradito, provocando la morte di tanti innocenti. Inizia così una serrata caccia alla talpa, perché nel mondo delle spie non esiste perdono.
Henry Pelham (Pine) è un agente astuto, esperto, determinato ma con il cuore spezzato da quando Celia Harrison (Newton), l’ex collega di cui era innamorato e con la quale stava per andare a convivere, il giorno dopo la strage è fuggita via, rifacendosi una vita.
Pelham è incaricato di scoprire la verità su quanto avvenuto a Vienna, scoperchiando il vaso di Pandora e torchiando i suoi ex colleghi, tra cui anche Celia. Ed è qui che i nodi giungono al pettine tra la critica e il vostro recensore di fiducia.
I primi ritengono debole, prevedibile e poca incisiva la resa dei conti – alias cena – tra i due ex amanti in un elegante ristorante californiano. Anche la scelta di alternare il presente con i flashback del giorno dell’attentato viene considerata noiosa rispetto alla prima parte.
Invece, per il sottoscritto, questa seconda parte si rivela nel complesso convincente e coerente dal punto di vista della sceneggiatura. I puristi del genere spy story potranno forse storcere il naso, ma il taglio sentimentale della vicenda dal mio punto di vista la arricchisce di pathos.
La coppia formata da Chris Pine e Thandiwe Newton funziona ed emoziona, sia se considerati come amanti che come spie che si studiano a vicenda.
Pur non mancando limiti stilistici e passaggi narrativi piuttosto banali, “La cena delle spie” tiene viva l’attenzione dello spettatore fino all’ultima scena. Una partita a scacchi tutto sommato convincente, dove non si cerca di capire non solo chi ha tradito il proprio Paese ma anche perché una grande storia d’amore è finita.