“Il colibrì”: una storia di straordinaria normalità ed eroica resistenza

Francesca Archibugi porta al cinema il romanzo omonimo di Sandro Veronesi, Strega 2020

Un film di Francesca Archibugi. Con Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Sergio Albelli, Benedetta Porcaroli. Drammatico, 126′. Italia 2022

La vita di Marco Carrera, medico e padre di famiglia, scorre su binari apparentemente tranquilli, ma in realtà è irta di percorsi paralleli, coincidenze mancate, occasioni non colte e strade non prese. La moglie Marina lo tradisce compulsivamente e lo accusa di avere una relazione con Luisa Lattes, conosciuta al mare in gioventù. E ha ragione, perché da sempre Marco intrattiene con Luisa un rapporto mai consumato, di quelli che la realtà non può contaminare ma che alimentano un desiderio ostinato e una passione segreta. Completano il quadro famigliare la figlia di Marco e Marina, Adele, il fratello di Marco, Giacomo, il ricordo della sorella Irene morta a 24 anni, e due genitori eternamente conflittuali ma incapaci di vivere lontani. In mezzo a loro Marco fa come il colibrì: sbatte forsennatamente le ali per rimanere fermo allo stesso posto, mentre intorno il mondo e i rapporti inevitabilmente cambiano.

 

Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival e aver aperto la Festa del cinema, “Il colibrì” di Francesca Archibugi arriva anche in sala.

Da quando è stato annunciato il progetto, lettori e addetti ai lavori aspettavano con ansia di capire come sarebbe stato adattato per il grande schermo il romanzo di Sandro Veronesi, vincitore del premio Strega nel 2020, che racconta una storia di straordinaria normalità ed eroica resistenza.

Già perché la vita del Colibrì – alias Marco Carrera (Favino) – è scandita da lutti familiari, traumi, rimpianti, cose che generalmente tendono a condizionare una persona, a piegarla. Invece Marco resiste con dignità a ogni attacco del destino.

Pierfrancesco Favino interpreta con intensità la vita di questo uomo semplice, gentile, indeciso, ma sempre coerente con se stesso. Nanni Moretti si distingue nel ruolo dello psicanalista, dimostrando brio, ironia e compassione e facendoci desiderare di averlo come terapeuta.

L’impianto narrativo si basa sull’alternanza tra flashforward e flashback, con lo scopo di far percepire allo spettatore tutto il travaglio interiore del protagonista. Una scelta registica che si rivela funzionale al progetto e incisiva solamente in parte perché in diversi passaggi manca quella componente emotiva capace di coinvolgere chi guarda.

“Il colibrì” è un progetto riuscito soltanto a metà, ma ha comunque il merito di emozionare e offrire una nuova declinazione al maschile della parola “resilienza”.

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