“È una grossa responsabilità incontrare dei giovani con dei sogni così importanti – ha esordito il regista premio Oscar Gabriele Salvatores incontrando il pubblico del Giffoni. – Con i ragazzi bisogna rapportarsi con delicatezza e capire come riuscire a scindere la bellezza dell’insegnamento, nell’accezione di lasciare un segno, rispetto a quella dell’educare, nell’idea di tirare fuori”.
Al Festival Salvatores ha ricevuto il premio Truffaut, dedicato al grandissimo maestro.
Mostro sacro del cinema contemporaneo e padre di lungometraggi trasformatesi in veri oggetti di culto, ha ripercorso parte dei propri successi professionali e della gloriosa parabola che ha caratterizzato la sua esperienza da cineasta.
“La settima arte è una cosa assolutamente seria. La magia che molti associano giustamente a questo universo non esisterebbe senza il piglio puntuale con cui viene affrontato. Spesso lo consideriamo solo un mezzo con cui raccontare un gesto falsato come quello della recitazione, senza sapere che nell’atto della creazione filmica si ripropongono una serie di infinite realtà assolutamente fondanti e degne di valore”.
Oggi, dopo aver spento le 35 candeline di filmografia, Gabriele Salvatores è impegnato nella lavorazione del sequel del film “Il ragazzo invisibile” con Ludovico Girardello, uscito nel 2014.
“Questo progetto si inserisce nel solco del genere fantascientifico che in parte ha avuto inizio con la realizzazione di Nirvana nel 1996. Rispetto a vent’anni fa, però, sono cambiate molte cose: in quei giorni non si conoscevano le reali potenzialità della rete e della tecnologia. Nonostante lo scarto con il passato l’approccio alla fantascienza mi risulta abbastanza naturale. A questo va aggiunto il super lavoro di post produzione che il film sta richiedendo. Saranno circa 700 gli interventi digitali, capaci addirittura di creare dal nulla ambientazioni, scenografie e personaggi”.
La decisione di ritornare per la seconda volta sul medesimo filone narrativo ha delle ragioni molto precise.
“Anche in questo secondo lavoro ho deciso di lasciare ampio spazio al magico potere dell’invisibilità. Non è stata una scelta casuale, ma la risposta al grande male dell’iper presenziassimo dei nostri tempi. Spesso, soprattutto tra i ragazzi, ho avuto la sensazione che si finisca con il considerare un’esistenza solo se riflessa all’interno del web. Quest’idea mi spaventa enormemente e ho scelto di riflettere sulla questione a modo mio”.
Ma come nasce un progetto? In modo piuttosto semplice, secondo Salvatores.
“Un’idea è un seme da cui nasce una fogliolina ma va fatta crescere con gli altri”.
E prima di lasciare il palco il regista ha voluto spronare il giovane pubblico,
“Nelle vostre mani è la responsabilità di non mandare il mondo a rotoli, soprattutto in questo momento difficile che stiamo affrontando. Confido in voi, insieme ce la faremo”.