Un film di Jim Jarmusch. Con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman. Drammatico. 2016
Il poeta è uno spirito libero, creativo, sensibile e poliedrico, giusto? Sbagliato! E non lo dice il sottoscritto, bensì il regista Jim Jarsmsuh nel suo nuovo film “Paterson”, presentato in concorso al Festival di Cannes, proponendo al mondo una versione 2.0 del poeta.
Il messaggio risuona forte e chiaro: oggi si possono scrivere versi intensi e profondi anche non dedicando all’arte tutta l’esistenza, ma lavorando come autista di bus.
Paterson (Driver) vive in una piccola cittadina. La sua esistenza è scandita da rituali quotidiani monotoni, tra lavoro e vita privata. Eppure, nonostante le apparenze, l’uomo è dotato di un grande talento poetico e trova il tempo di isolarsi per mettere su carta i suoi sentimenti più sinceri e profondi.
Quella di Jarsmush è, se vogliamo, una sorta di versione cinematografica del “Cantico dei cantici” biblico, che manca però di incisività e profondità narrativa.
Paterson scrive prendendo ispirazione dalla realtà, ascoltando i discorsi dei passeggeri sul suo mezzo. È però come bloccato, in questo mondo dove poesia e realtà si alternano senza mai incontrarsi.
La moglie Laura rappresenta in qualche modo il trait d’union tra i due piani, con i suoi tentativi vivaci e allegri di scuotere il marito. A completata la famiglia, il cane Marvin, che sembra quasi sul punto di parlare.
Jim Jarmush ha voluto rischiare – a mio avviso troppo – sul piano narrativo, confidando nel suo talento e finendo però per far diventare la pellicola troppo pretenziosa e auto-celebrativa. La sua regia è sicuramente di livello, talentuosa e creativa, capace di unire poesia e immagini creando almeno in parte un contatto con lo spettatore.
L’impianto narrativo è volutamente statico, con un ritmo compassato, ma ciò che tiene il pubblico a distanza è quella sensazione di freddezza poetica che traspare a più riprese. Non è sufficiente decantare versi per emozionare.
La coppia inedita composta da Adam Driver e Golshifteh Farahani è nel complesso apprezzabile, credibile come marito e moglie. Il primo è goffo, una sorta di autistico emotivo, capace, però, di divertire con le smorfie facciali, il candore e l’ingenuità.
Incanta e convince non solo per la bellezza, ma soprattutto sul piano interpretativo l’attrice iraniana Golshifteh Farahani che, confesso, non conoscevo prima di questa prova. Un nome da tenere d’occhio.
Il finale è la parte meno riuscita del film, con il suo tentativo sconclusionato di convincere il pubblico a riprendere contatto con la poesia, oggi così apparentemente fuori moda, fosse anche mentre si aspetta che scatti il verde al semaforo.
Il biglietto da acquistare per “Paterson” è: 1)Nemmeno regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio (con riserva); 4)Ridotto; 5)Sempre.