Un film di Kenneth Branagh. Con Lily James, Richard Madden, Cate Blanchett, Helena Bonham Carter, Holliday Grainger. Fiabesco, 105. USA, 2015
Ella cresce felice, ma la sua serenità viene turbata dalla morte prematura della madre, che le fa promettere di essere sempre coraggiosa e gentile. Queste le doti le serviranno qualche anno più tardi, per convivere con la donna che il padre sposerà in seconde nozze. Dispotica e ambiziosa, Lady Tremaine (Blanchett) ha un passato da dimenticare e due figlie frivole da accasare. Sola e vessata, dopo la perdita del padre, Ella (James) è costretta a occuparsi della casa e a vivere nella soffitta polverosa. Chiamata Cenerentola dalle sorellastre, fugge a cavallo nel bosco dove incontra Kit (Madden), un giovane cortese che lavora al servizio del re. Quando viene organizzato un ballo a palazzo aperto anche alle persone comuni, Ella decide di partecipare. Non ha fatto però i conti con la matrigna e le sorellastre. Ma lassù qualcuno la ama. Avvicinata dalla fata madrina (Bonham Carter), i suoi sogni diventano realtà. Dentro una zucca trasformata in carrozza, raggiungerà il castello e scoprirà che Kit è addirittura un principe, il suo principe.
Non è certo la prima volta, negli ultimi anni, che una fiaba amata e conosciuta prende la strada del grande schermo e diventa un film. Abbiamo visto non una ma due versioni di Biancaneve – una in chiave ironica, una più dark -, abbiamo conosciuto la vera storia di Malefica, la cattiva di corna munita della “Bella addormentata”.
I personaggi più amati delle favole, il 2 aprile, saranno ancora protagonisti con “Into the Woods” (leggi la recensione su Parole a Colori), lo spettacolo di Broadway adattato per il cinema; e che dire della serie tv di successo “Once upon a time”, giunta alla quinta stagione, che reinventa le storie unendo magia e realtà?
Una serie di esempi che potrebbe continuare per dire che il procedimento di portare vicende conosciute e personaggi iconici al cinema – o in tv – non è una novità. È una scelta che ha dimostrato di pagare, in termini di gradimento del pubblico e soprattutto di numeri al botteghino, e che per questo prosegue.
Tutti questi film/serie si contraddistinguono per un fatto: non necessariamente sono pensati per un pubblico di bambini (qualcuno decisamente no). La fiaba viene declinata ora in tono ironico ora in tono più serio, ma sempre maturo e per certi versi adulto.
Ecco, l’ultima “Cenerentola” è diversa da tutte le pellicole che l’hanno preceduta. Perché potreste portare in sala vostra figlia/sorella di 8 anni e la piccola non avrebbe problemi a seguire la storia, e non uscirebbe turbata per ciò che ha visto. Questo film è politically correct al limite dell’infantile, per certi versi è veramente troppo – se si hanno più di 15 anni!
Prendiamo la voce narrante – che presumiamo essere quella della Fata turchina – che scandisce ogni fase della storia, arrivando persino ad anticipare qualcosa e a svelare “il mistero” non tanto mistero della vera identità dell’apprendista Kit. Perfetta per un film d’animazione, per una pellicola da bambini; un po’ pesante e didascalica, se il pubblico in sala ha superato l’infanzia.
Quello che salva dal disastro la Cenerentola di Kenneth Branagh, a mio modesto parere, sono alcuni approfondimenti inseriti in una trama che, bene o male, tutti conoscono, e soprattutto la forte caratterizzazione – in senso anche ironico ed eccessivo – di alcuni personaggi.
Le vicende della giovane costretta a far da serva nella sua stessa casa, maltrattata da matrigna e sorellastre, “salvata” da una Fata madrina molto particolare e dall’incontro col Principe è una delle più note di sempre. Ci troviamo davanti a una storia che non solo sappiamo come va a finire, ma anche come si sviluppa. Riuscire a raccontare qualcosa di nuovo, viste anche le numerose trasposizioni cinematografiche e televisive che si sono susseguiti negli anni, non era semplice.
Non annoiare il pubblico, per quanto si possano amare magia e lieto fine, non era scontato. Gli sceneggiatori ci riescono inserendo una serie di scene e di spunti che nel cartone Disney non erano presenti. Prima di tutto l’infanzia di Ella (che è stata, per me, la parte più melensa e forzata, quanto a recitazione, ma comunque); poi l’arrivo di Lady Tramaine e figliole, la trasformazione della protagonista da ragazza di campagna agiata in servetta. E ancora l’incontro col principe, l’organizzazione del ballo e il rapporto tra Kit e il re. La storia di Cenerentola, in questo film, diventa un po’ più corposa, e questo aiuta a stupire – per quanto possibile – chi guarda.
Altro elemento positivo sono le caratterizzazioni, anche ironiche, dei personaggi. Le sorellastre sembrano più oche e svampite che cattive, la Fata madrina è una pasticciona divertente. Ci sono dei passaggi che fanno sorridere, degli scambi di battute brillanti. Non si perde l’impostazione generale fiabesca ma si avverte la matrice contemporanea del nuovo adattamento.
Lily James nei panni della protagonista non mi ha convinta fino in fondo. Non so, in certi passaggi si ha come la sensazione che la sua recitazione sia troppo forzata e per niente spontanea – prendiamo ad esempio la scena del giardino segreto, quando il Principe la spinge sull’altalena. Alla fine non si può non tifare per lei – perché la matrigna è troppo malvagia, perché la ragazza il lieto fine se lo merita proprio – però, proprio come accade con il personaggio animato Disney, si ha spesso la sensazione che Ella sia troppo buona, troppo arrendevole, troppo pronta a porgere l’altra guancia. È l’essenza stessa del personaggio di Cenerentola – coraggio e gentilezza – però insomma!
Per assurdo il Principe azzurro, che solitamente nelle fiabe non riveste il ruolo del leone, non mi è dispiaciuto. Magari è un po’ troppo belloccio e un po’ troppo sorridente, però almeno ha qualche scena in più di quelle che gli sono concesse nella celebre versione cartoon datata 1950.
Come spesso succede, finiscono per restare più impressi i personaggi “minori” o cattivi – la matrigna impersonata da Cate Blanchett ha una certa profondità, ad esempio, e per una volta il pubblico avverte qualcosa della donna che c’era un tempo al posto di quella senza scrupoli di oggi – questo non porta a giustificarla, ma insomma, non è male mostrare che anche i cattivi hanno un cuore o dei sentimenti, nascosti da qualche parte.
Tirando le somme, riadattare una storia come questa, amata e conosciuta come poche altre, non era uno scherzo. A mio avviso, più che un successo facile, si trattava di un azzardo, perché il rischio di deludere il pubblico “adulto” c’era.
Regista e cast ce la mettono tutta per aggiornare vicende e personaggi. Forse il tono generale della pellicola è un po’ troppo leggero e fanciullesco, e finiamo per sentire la mancanza di quella componente adulta che in altre fiabe non è stata sacrificata.
Però, per quanto sappiamo benissimo come andrà a finire, è impossibile non farsi prendere ancora una volta da quella che è una storia che parla d’amore, ma soprattutto del potere della speranza. Se si ha il coraggio di credere in un futuro migliore e di non arrendersi a essere brutti dentro in risposta alle brutture del mondo, il mondo prima o dopo ci sorriderà. Almeno lo speriamo.