Cartoline da Venezia 2019: “A bigger world” e “You will die at twenty”

Due pellicole simili nonostante le differenze, presentate in concorso nelle Giornate degli autori

Avviso ai naviganti: chiunque fosse scaramantico, restio a pensare alla propria morte, insofferente verso ogni forma di spiritualità è caldamente invitato a evitare con cura di vedere “A bigger world” di Fabienne Berthaud e “You will die at twenty” di Amjad Abu Alala, inserite nelle Giornate degli autori di Venezia 2019.

Una riflessione a margine. Sebbene sia inopportuno e poco professionale, alla fine della seconda proiezione è sorto spontaneo in sala chiedersi se uno o più componenti della commissione selezionatrice dei film abbia attraversato o stia attraversando una fase travagliata o tragica della propria vita. Perché se no certe scelte non si spiegano.

I due film, al di là delle differenze, sembrano usciti dalla stessa mano. E per loro consigliamo un biglietto “Omaggio”, e un cornetto rosso da stringere, perché meglio non rischiare.

 

“A BIGGER WORLD”: UN PERCORSO DI RISCOPERTA RIDONDANTE

Un film di Fabienne Berthaud. Con Cécile De France, Arieh Worthalter, Tserendarizav Dashnyam.
Drammatico, 100′. Francia 2019

Per dimenticare la morte di Paul, l’uomo della sua vita, Korine lascia Parigi per alcune settimane, per dirigersi in Mongolia. Il suo incontro con lo sciamano Oyun cambierà la sua vita: Korine ha un dono raro che Oyun intende svelare. Korine accetterà di iniziare un viaggio di scoperta, che la porterà a scoprire una nuova cultura, modi ancestrali e dimenticati, ma soprattutto se stessa.

Morte, elaborazione del lutto, senso ineluttabile e tragico del proprio destino, il bisogno disperato di affidarsi alla fede per ritrovare se stessi sono al centro del film di Fabienne Berthaud, “A bigger world”.

Nonostante il grande lavoro che la protagonista Cécile De France compie su se stessa per calarsi nel personaggio, la pellicola risulta noiosa, una versione esoterica e ridondante di “Mangia, prega, ama” di Ryan Murphy.

 

“YOU WILL DIE AT TWENTY”: UN ESORDIO INTERESSANTE

Un film di Amjad Abu Alala. Con Mazin Ahmed, Talal Afifi, Moatasem Rashed, Mustafa Shehata, Bonna Khalid. Drammatico, 103′. Sudan, Francia, Egitto, Germania, Norvegia 2019

Al momento della nascita del piccolo Muzamil il santone del villaggio sudanese profetizza che il bambino morirà al compimento del ventesimo anno. Il padre non riesce ad accettare quella profezia nefasta e abbandona moglie e figlio: da quel momento la vita di Muzamil è un’attesa della scadenza annunciata, soffocato dalla protezione materna che tenta di ostacolare il corso del destino. Dunque i rapporti fra il ragazzo, arrivato alla soglia dei 19 anni, e l’amica d’infanzia Naiema, diventata una bellissima giovane donna, e con un intellettuale che, dopo gli anni trascorsi in Europa, è tornato nel villaggio natale, sono improntati all’impermanenza e all’impossibilità di un futuro comune.

“You will die at twenty”, lungometraggio d’esordio del regista e sceneggiatore sudanese Amjad Abu Alala, nato e cresciuto negli Emirati Arabi, è una vibrante sfida tra tradizione e modernità, integralismo e libertà individuale, fede e coraggio di rischiare. Un manifesto, se vogliamo, indirizzato ai coetanei del regista perché possano ribellarsi quando necessario.

Nonostante le buone potenzialità narrative e la difesa di principi e diritti fondamentali, il film non riesce a decollare e soprattutto convincere fino in fondo. La sceneggiatura si rivela debole, ripetitiva in alcuni passaggi e poco sviluppata e approfondita in altri.

 

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