Biennale di Venezia | In concorso | Brimstone

Un film di Martin Koolhoven. Con Guy Pearce, Carice van Houten, Kit Harington, Dakota Fanning, Paul Anderson. Thriller, 148′. 2016

brimstone

Religione e famiglia sono due tematiche delicate da affrontare in una conversazione, e lo risultano ancora di più se portate sul grande schermo, dove si rischia con un nonnulla di dare il là a polemiche e confronti spinosi.

A questi due macro-temi aggiungiamo quello della vendetta feroce, e allora avrete il quadro di che cosa sia il film “Brimstone”, presentato in concorso al Festival di Venezia.

Il regista olandese Martin Koolhoven decide di complicare ancora di più le cose ambientando in un contesto western una storia suddivisa in quattro episodi – Apocalisse, Esodo, Genesi, Castigo – dal sapore biblico.

Lunghe e articolate, in questi si racconta la vita travagliata di Liz (Fanning), una donna sordomuta, ostetrica e madre di famiglia costretta a fuggire da un reverendo (Pearce) ossessionato da lei.

Passato, presente e futuro si alternano sulla scena senza una logica. L’intenzione è quella di tenere incollato il pubblico allo schermo e portarlo a scoprire lentamente il legame che unisce la protagonista al predicatore e i motivi di questo suo odio viscerale.

Un film imbevuto di citazioni dal Vecchio Testamento dove non c’è spazio per la pietà o per la misericordia.

La critica si è molto divisa dopo la proiezione: per alcuni “Brimstone” è il primo vero flop del Festival, per altri, incluso il sottoscritto, ci sono alcuni elementi da salvare.

Il film è sicuramente troppo lungo, a tratti lento, eccessivamente truculento, tendente a una irreale distinzione netta tra buoni e cattivi. E ciò nonostante si lascia vedere, e la fine di ogni capitolo lasciano nel pubblico il desiderio di andare avanti.

Guy Pearce è un cattivo davvero perfetto, all’altezza del compito. Azzardo una previsione: per l’attore americano potrebbe esserci odore di Coppa Volpi, e di nomination agli Oscar.

Dakota Fanning era chiamata a una difficile prova, dovendo recitare solo con il coro, avvalendosi non tanto delle parole ma di corpo e occhi. L’ex enfant prodige magari non ha convinto fino in fondo, ma ha comunque fornito una performance dignitosa.

La regia di Koolhoven è interessante, coraggiosa, creativa nell’affrontare argomenti spinosi e controversi.

La vendetta porta solo altro dolore, in un circolo vizioso senza fine, ma come ci insegna il finale tragico e in un certo senso liberatorio l’amore materno vince su qualsiasi sentimento negativo.

 

Il biglietto da acquistare per “Brimstone” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio (con riserva); 4)Ridotto; 5)Sempre.





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