Un film di Edgar Wright. Con Lily James, Ansel Elgort, Kevin Spacey, Jon Bernthal, Jon Hamm, Jamie Foxx. Azione, 113′. USA, Gran Bretagna, 2017
Uscita: 7 settembre 2017
Avviso ai neopatentati e a tutti coloro che sono in procinto di sostenere il temutissimo esame: se non volete muovervi soltanto in motorino – o coi i mezzi – non prendete come modello di riferimento Ansel Elgort in “Baby Driver”.
Fatta la doverosa paternale – che spero sia apprezzata dal Ministero dei trasporti – iniziamo ad alzare il ritmo della recensione, per far sì che sia al livello della frenetica, adrenalinica e divertente ballata criminale ideata e diretta da Edgar Wright.
Si, avete letto bene: “Baby Driver” è una ballata criminale romantica, pulp e coinvolgente, che mescola in modo armonioso ed efficace diversi generi cinematografici.
Un fastidioso ronzio che fin da bambino gli risuona nelle orecchie – causato dall’incidente in cui hanno perso la vita entrambi i genitori -, Baby (Elgort), giovane e talentuoso pilota, fa l’autista di fiducia per Doc (Spacey), leader di una banda di rapinatori di banche e stratega sopraffino, per ripagarlo di un vecchio debito.
Baby è un bravo ragazzo finto per cause di forza maggiore sulla cattiva strada, ben lontano dagli atteggiamenti e dalla mentalità criminale, e per questo osteggiato dai “colleghi”.
In particolare Bats (Foxx), testa calda dal grilletto facile, si mostra scettico e diffidente nei suoi confronti e si diverte a testarne il valore attraverso una serie di provocazioni.
Ma quando Baby incontra Deborah (James), una cameriera che come lui sogna di lasciarsi tutto alle spalle, i suoi piani vengono mandati all’aria, tanto da pensare di sganciarsi dall’ultimo, rischioso colpo della banda…
A quattro anni dal suo ultimo film – quel “La fine del mondo” che chiudeva la cosiddetta Trilogia del Cornetto iniziata con “L’alba dei morti dementi” e proseguita con “Hot Fuzz” – l’inglese Edgar Wright torna alla grande sotto i riflettori dimostrando talento, creatività e abilità come regista oltre che come autore.
A “Baby Driver”, suo vecchio pallino che è stato anche alla base del videoclip di “Blue Song” dei Mint Royale nel 2003, il regista si è dedicato dopo aver abbandonato il progetto “Ant-man” per dissidi con la Marvel.
Uno dei punti di forza del film, oltre all’azione e alla spettacolarità delle immagini, è sicuramente la colonna sonora che comprende brani di Jon Spencer Blues Explosion, Beach Boys, The Damned, Beck, Martha and the Vandellas, Blur, Queen, Sky Ferreira (che interpreta la mamma del protagonista), Simon & Garfunkel (la cui “Baby Driver” ha dato il titolo al film) e molti altri.
Una scelta musicale di assoluto valore che trascina, se possibile, ancora di più lo spettatore dentro la storia e che in alcuni punti detta tempi e toni del film, quando magari la sceneggiatura perde forza.
Ansel Engort, calato perfettamente nel ruolo, sfodera una performance magistrale, conquistando e commuovendo il pubblico. Il suo tenero e spericolato Baby sembra la versione moderna e frizzante del Ray Man di Dustin Hoffman.
L’attore sembra pronto per ruoli più impegnativi, avendo dimostrato di saper reggere la scena concedendosi solo sporadici momento di pausa.
Se l’elemento romance risulta il più debole della pellicola, e la storia d’amore tra il protagonista e la bella di turno scalda poco i cuori, Engort e Lily James risultano comunque sinceri e credibili.
Kevin Spacey è un Frank Underwood in vacanza, ma capace di dare la propria zampata d’esperienza. A completare il cast, Jon “Mad Man” Hamm e Jamie Foxx, in ruoli assai diversi da quelli a cui siamo abituati, ma comunque efficaci.
Per Baby il destino è scritto solamente in parte, e come ci dimostra il romantico finale, ogni pena può essere più leggera da affrontare, se alla fine ad attenderti c’è l’amore.