“Assandira”: una tragedia familiare nella Sardegna più selvaggia

Il film di Salvatore Mereu ha un buon potenziale ma il risultato finale è piatto e privo di pathos

Un film di Salvatore Mereu. Con Gavino Ledda, Anna König, Marco Zucca, Corrado Giannetti, Samuele Mei. Drammatico, 128′. Italia 2020

Costantino Saru, settantenne, si aggira sotto una pioggia torrenziale attraverso i resti di quella che era la sua proprietà e che il figlio Mario aveva trasformato in un agriturismo, dandogli l’antico nome sardo di Assandira. Mario è morto, e così gli animali: cavalli, pecore, maiali, galline. E un magistrato è venuto ad investigare l’origine del rogo che ha reso Assandira “un niente di nessuno”. La storia che precede quel rogo viene ripercorsa a ritroso, a partire da quando Mario e la sua compagna tedesca tornano dalla Germania, dove il figlio di Costantino aveva cercato lavoro. I due convincono Costantino a trasformare la sua proprietà in un “villaggio antichità” che mostri ai turisti stranieri l’antico stile di vita dei pastori sardi, che la nuora tedesca rilegge come “molto pittoresco”. Ed è l’inizio della profanazione di una terra già abbondantemente sfruttata e derisa dal turismo del “continente”.

 

Perché l’agriturismo Assandira è stato distrutto dalle fiamme? Causalità oppure incendio doloso? Il film di Salvatore Mereu, presentato Fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, si apre sotto una pioggia battente, con i vigli del fuoco che cercano di mettere in sicurezza ciò che resta della struttura.

Mario (Zucca) e Grete (König), gli ideatori del progetto, sono morti nel tentativo di domare le fiamme. È rimasto solo il vecchio Costantino (Saru) a cui il procuratore chiede lumi su quanto successo. L’uomo inizia allora a ricostruire i fatti, a partire dal ritorno in Sardegna del figlio Mario e della moglie tedesca.

“Assandira” diventa così una tragedia familiare, con il padre nel doppio ruolo di voce narrante e protagonista passivo e silente dell’invasione dei suoi spazi da parte della giovane coppia, che pensa di “vendere” l’esperienza di vita dei pastori sardi ai turisti stranieri.

Il film si configura come un crescendo, come lo scontro tra tradizione, rappresentata da Mario Zucca, e voglia di novità e di cambiamento, impersonata da Anna König. Un dissidio destinato a esplodere tragicamente quando la misura sarà colma agli occhi e soprattutto per la rigida visione della vita di Costantino.

Lo spettatore assiste alla sua amara confessione/ricostruzione, quella di un uomo e soprattutto di un padre incapace di comprendere le nuove generazioni e soprattutto l’involuzione del proprio figlio.

Una tragedia familiare ambientata nella parte più selvaggia e povera della Sardegna offriva un bel potenziale narrativo e visivo da sfruttare in fase di scrittura e poi nella messa in scena. Sfortunatamente ben poco di questo potenziale Salvatore Mereu ha saputo poi riversarlo concretamente nel suo secondo film.

“Assandira” delude nella scelta degli interpreti, eccezion fatta per Gavino Ledda, non adeguati ai difficili ruoli assegnati. In particolare va evidenziata negativamente la parte in cui Costantino interagisce con il magistrato. La messa in scena è di stampo teatrale ma trasmette ben poco; la struttura narrativa lenta, dispersiva e dal ritmo altalenante.

Al film manca quel picco emotivo che una storia di tale portata drammatica avrebbe meritato, e alla fine lo spettatore esce di sala più annoiato che colpito.

 

Il biglietto da acquistare per “Assandira” è:
Neanche regalato (con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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