“Argentina, 1985”: memoria, resistenza civile e democrazia

Il film di Santiago Mitre, candidato agli Oscar, racconta un momento storico per l'Argentina

Un film di Santiago Mitre. Con Ricardo Darín, Peter Lanzani, Carlos Portaluppi, Norman Briski, Alejo García Pintos. Drammatico, 140′. Argentina, USA 2022

Una dittatura “feroce, clandestina e vigliacca” ha governato l’Argentina dal 1977 al 1983, spargendo sangue e terrore. La fragile democrazia che ne è seguita, se voleva rimanere tale, doveva processare le “juntas” militari, per rendere giustizia alle vittime e al paese intero. Per la prima volta nella storia, il compito di mandare in prigione le alte sfere dell’esercito toccava ad un tribunale civile, e ad una persona in particolare: il pubblico ministero Julio Strassera.

 

La Storia con la esse maiuscola irrompe nel concorso principale di Venezia 79 con tutta la sua forza, drammaticità e solennità, rendendo un caso politico oltre che artistico il passaggio di “Argentina, 1985” di Santiago Mitre.

La stampa internazionale si è innamorata del film argentino, vaticinandogli una sicura vittoria nella notte dei premi. Il sottoscritto è decisamente meno convinto, ma riconosco che Mitre ha buone chance di convincere la giuria.

Il regista si è preso la grande responsabilità di raccontare per la prima volta il passaggio più delicato e difficile vissuto dalla giovane democrazia argentina fino a oggi: il processo contro i nove comandanti responsabili dei sette anni di puro terrore, dal 1977 al 1982, con la loro scia di sangue, dolore e crimini contro l’umanità.

Quando nel 1983 la democrazia è tornata a Buenos Aires, nessuno argentino poteva o voleva dimenticare quanto successo. In ogni famiglia c’era stato almeno un evento traumatico, un figlio, un padre, una madre, un cugino rapito, torturato e poi scomparso nel nulla.

Nell’Argentina appena uscita dalla dittatura si respirava da una parte il desiderio di giustizia dell’opinione pubblica, dall’altra la necessità per il neo-governo socialista del presidente Alfonsino di muoversi contro i responsabili dei crimini con una certa prudenza, per scongiurare eventuali azioni dei nostalgici del regime.

Pur rievocando le varie fasi del processo e collocandosi quindi in un preciso filone cinematografico, “Argentina, 1985” si distacca da quest’ultimo, sia per ciò che riguarda la sceneggiatura che la successiva messa in scena.

Il processo di Norimberga, quello contro il gerarca nazista Adolf Eichaman sono stati storici e simbolici. Era chiara la determinazione dei vincitori e dei superstiti di consegnare alla Storia prima ancora che a un giudice la follia di quanto successo.

Nel caso argentino, invece, è chiaro fin dalle prime scene che ciò che premeva a chi di dovere era soprattutto dimostrare che la nuova Argentina poteva garantire un processo equo anche ai criminali più efferati, essere migliore di coloro che erano venuti prima.

Lo spettatore entra in questa storia processuale e di dolore collettivo, percependo tutta la dignità e la compostezza delle vittime e dei loro familiari anche nei momenti più intesi e terribili.

Un legal movie sulla memoria, la resistenza civile e la democrazia, dove non si cede mai al facile sensazionalismo o alla retorica, concentrandosi invece sui fatti e mantenendo sempre un certo equilibrio nel racconto.

“Argentina, 1985” ci mostra lo snodo decisivo bella storia di un Paese che scelse di guardare in faccia i propri demoni anziché chiuderli in un comodo armadio. E il “nunca mas” pronunciato dal pubblico ministero Julio Strassera nella sua requisitoria finale è il grido di un popolo intero, che dal passato vuole imparare per far sì che certe tragedie non succedano di nuovo.

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