“Uno nessuno centomila”: one man show di Enrico Lo Verso, al ritorno in teatro

Alessandra Pizzi adatta in forma di monologo l'ultimo grande romanzo di Luigi Pirandello, nel segno della semplicità

di Alberto Leali

 

Dal romanzo di Luigi Pirandello. Uno spettacolo di Alessandra Pizzi. Con Enrico Lo Verso. Produzione ERGO SUM. 70’

 

Non è certo impresa facile portare in scena “Uno nessuno centomila”, l’ultimo celebre romanzo di Luigi Pirandello, che ne sintetizza in maniera lucida e completa il pensiero.

Nonostante, infatti, dal punto di vista formale ci sia una forte inclinazione al monologo, che ben si presta al palcoscenico, grazie a un protagonista che si rivolge spesso al lettore, ponendogli questioni e interrogativi e coinvolgendolo direttamente in una vicenda dalla portata universale, la grande sfida è riuscire a trovare un attore capace di essere contemporaneamente, ed efficacemente, narratore e protagonista, voce unica e voci degli altri.

Vitangelo Moscarda vive di rendita grazie all’eredità paterna. La sua vita scorre tranquilla, finché un giorno, a seguito di un’osservazione della moglie sulla pendenza del suo naso, entra in una profonda crisi di identità, realizzando come lui, che si era sempre ritenuto Uno, fosse Centomila agli occhi degli altri e quindi, in fondo, Nessuno.

Moscarda è uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, sicuramente quello dotato di maggiore e più amara consapevolezza. La consapevolezza dolorosa e frustrante che l’uomo non è Uno e che la realtà non è oggettiva.

Nel suo tentativo di distruggere le centomila immagini che gli altri hanno di lui, Moscarda viene preso per pazzo. Come se non bastasse, si vedrà costretto a indossare una nuova, ennesima maschera (quella dell’adultero) e a scontare per essa una immeritata pena.

Ma in questa sconfitta trova una sorta di vittoria: se prima, infatti, la consapevolezza di non essere nessuno gli procurava un senso di paura e solitudine, ora accetta di buon grado la completa alienazione da se stesso, rifiutando ogni identità personale, abbandonandosi allo scorrere della vita e dissolvendosi completamente nella natura.

Alla base del pensiero pirandelliano c’è infatti una concezione vitalistica della realtà: essa è perpetuo movimento vitale, eterno divenire, trasformazione da uno stato all’altro.

Tutto ciò che si distacca da questo flusso continuo e assume forma individuale comincia a morire: è questo che avviene all’uomo, che si slega dall’universale assumendo una forma individuale entro cui si costringe, una maschera con la quale si presenta a se stesso, ma che assume infinite altre forme agli occhi degli altri.

Enrico Lo Verso torna a calcare il palcoscenico dopo 10 anni di assenza, in occasione del 150° anniversario della nascita di Pirandello, e mai ritorno fu più gradito, grazie a un’interpretazione ammirevole per immediatezza, schiettezza e sagacia.

Privato degli arcaismi della stesura originale del testo, il linguaggio scelto è ricchissimo di inflessioni e note di colore siciliane e diviene sentito omaggio dell’attore al grandissimo autore e al contempo alla sua amata terra d’origine.

Il testo è riscritto dalla regista Alessandra Pizzi in forma di monologo, con un adattamento ridotto all’osso, che consente all’attore di dare sfogo al suo poliedrico talento, dando voce alla frantumazione dell’io di Moscarda, ma anche alle parole e ai pensieri degli altri (la moglie Dida, il povero squilibrato Marco Di Dio e la moglie Diamante, l'”amante” Anna Rosa, gli amministratori bancari Quatorzo e Firbo, la gente). Il tutto adottando toni e registri diversi in una prova attoriale in continua mutazione e in continuo movimento.

In una scenografia volutamente scarna, fatta di due cubi e pochi pannelli che simulano degli specchi, Lo Verso/Moscarda conduce lo spettatore nel suo inquieto flusso di coscienza: lo coinvolge e lo scuote, lo diverte e lo spiazza.

Non sembra recitare ma incarnare direttamente lo spirito dell’autore, con una mimica straordinaria del corpo e con una suggestiva polifonia vocale.

Un one man show efficace e immersivo, che restituisce appieno il senso di disorientamento dell’opera pirandelliana e che fa quasi dimenticare che sulla scena ci sia una persona sola.

Lo spettacolo, che ha debuttato a luglio 2016 e ha realizzato oltre 70 repliche, vincendo anche il Premio Franco Enriquez 2017, ha inaugurato, alla Bibliotechina dell’Eur, il programma teatrale del Circuito delle Arene di Roma.

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