“Una vita da libraio”: cronaca scozzese a tutto realismo e humor

L'autore Shaun Bythell racconta la sua esperienza lavorativa nel villaggio scozzese di Wigtown

Uno dei libri più strani che abbia mai letto, Una vita da libraio” di Shaun Bythell è il diario lungo un anno tenuto dall’autore, che nella vita è davvero un libraio nel villaggio scozzese di Wigtown. 

La stranezza del libro edito da Einaudi sta nel fatto che l’autore non romanza minimamente quello che racconta, ma lo scrive in modo neutro, come un diario vero. Non ci sono forzature, ma nemmeno accelerazioni di ritmo, colpi di scena, invenzioni. Tutto è raccontato con lo stesso tono, quasi cronachistico, da documentario.

Ma la cosa ancora più strana è che questo stile da documentario, invece di annoiare dopo 20/50 pagine, è piacevole da leggere. Il susseguirsi senza sosta di giornate che divergono solo per piccoli dettagli, giornate di lavoro, tra clienti più o meno improbabili, acquisizioni di scatoloni e scatoloni di libri da persone che vogliono disfarsene coinvolge.

Così come lo fanno i mille e uno imprevisti e problemi della vita da commerciante del secolo XXI, nel loro risultare familiari: la lotta fallimentare ad Amazon e agli altri colossi delle vendite online, la necessità di adattarsi al “nuovo che avanza”, le ricerche di titoli per i clienti, i problemi coi software, le infiltrazioni di pioggia.

E ci si ritrova a sfogliare le pagine, e i giorni, andando avanti insieme a Bythell con entusiasmo. Anche se di fatto, in “Una vita da libraio”, non succede niente di che. È solo il racconto di un anno di lavoro. In una libreria. In Scozia.

Se la lettura è stata piacevole e interessante, il finale, l’epilogo, mi ha lasciato l’amaro in bocca e soprattutto una grande sensazione di tristezza. Forse perché da Wigtown ci si aspetterebbe che non cambiasse mai niente, e invece…

 

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