Dopo “Le lupe di Pompei” e “La casa dalla porta dorata”, Elodie Harper chiude la sua trilogia ambientata nel I secolo d.C. con “Il tempio di Fortuna“, in uscita oggi, 30 agosto, per Fazi.
Sono trascorsi tre anni da quando Amara ha lasciato Pompei allontanandosi da Rufo e dalla figlioletta Rufina. Ora, grazie al suo patrono Demetrio, vive alla corte imperiale di Roma: è una donna libera e influente, vicina alle personalità politiche più potenti. Nonostante lo sfarzo che la circonda, la nostalgia dei suoi cari è sempre più dolorosa e, quando il volubile Domiziano minaccia la sua sicurezza, la ruota della dea Fortuna sembra girare a favore di Amara, che può finalmente abbandonare la capitale per tornare a casa.
Ma è il 79 d.C. e il Vesuvio è sempre più irrequieto, i terremoti si fanno più violenti e gli abitanti di Pompei si chiedono se vadano presi come oscuri presagi o accettati come parte della quotidianità. In un crescendo di paura, Amara deve ancora una volta lottare per la propria vita e per quella di coloro che ama di più, tra cui la valorosa gladiatrice Britanna e il saggio Plinio, e lasciarsi alle spalle chi l’ha sempre usata…
Come potrà dirvi ogni lettore di romanzi storici, non è che di storie ambientate nella Roma antica – almeno in lingua italiana – siano pieni gli scaffali. Mi vengono in mente classici come “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar e “Io, Claudio” di Robert Graves, la meravigliosa serie di Colleen McCullough e poco altro.
Un paradosso, se pensiamo alla ricchezza storica del periodo arcaico, di quello Repubblicano e poi Imperiale, ma che probabilmente ha a che fare con la difficoltà intrinseca e quasi con il timore di avvicinarsi a una materia tanto ricca e complessa, e di farlo male o cadere in errore. Questo per dire che Elodie Harper dovrebbe essere già apprezzata solo per il fatto di averci provato, a scrivere ben tre romanzi sulla Roma dell’antichità. A maggior ragione perché i risultati sono davvero buoni.
“Il tempio di Fortuna” chiude il cerchio in modo egregio, toccando note drammatiche e tragiche davvero importanti. L’autrice è stata bravissima a mescolare i generi, passando dal racconto disteso, per quanto non esente da pericoli e criticità, della vita nella Roma di Domiziano, a quello dell’eruzione del Vesuvio, veramente d’impatto e toccante.
Il personaggio di Amara ha subito una vera e propria trasformazione, dalle “Lupe di Pompei” fino a oggi, e questo è un altro elemento convincente. Di questa donna greca trapiantata nel cuore dell’impero abbiamo visto luci e ombre, momenti bassi e felici. Non sempre le sue scelte le abbiamo potute condividere, ma nessuno, mai, potrà negare che sia una grandissima protagonista: credibile, sfaccettata, vera.