Un film di Francesco Carrozzini. Con Alessandro Borghi, Jessica Brown Findlay, Charles Dance, Sam Spruell, Peter Mullan. Drammatico. Italia 2022
John ha deciso che non ucciderà più, contro il volere del padre e del fratello Michael. Ha lasciato la casa paterna ed è fuggito nel nord della Norvegia, ai confini del mondo. Ma il padre lo vuole indietro, e manda Michael a cercarlo affinché lo riporti da lui. Il paesino dove John si è rifugiato è una comunità fortemente religiosa guidata da un pastore convinto che “la paura ci protegge dal male che portiamo dentro”. Ma la figlia del pastore, Lea, e suo figlio Caleb il Male l’hanno già in casa, nella persona del marito e padre Aaron. John si imbatterà in loro e non riuscirà più a mantenere quel distacco dal mondo che si era augurato.
Dopo sette anni di visioni deludenti, mi sembra di poter affermare con buona sicurezza che la qualità e il senso non rientrano tra i criteri adottati del direttore Barbera e del suo staff, quando selezionano il film di chiusura della Mostra del cinema di Venezia.
Non sfugge al teorema “The hanging sun – Sole di mezzanotte” di Francesco Carrozzini, che per ciò che mi riguarda è riuscito nell’obiettivo poco lusinghiero di affiancare “Siccità” al primo posto nella classifica delle pellicole più noiose e inutili di questa edizione di Venezia.
L’adattamento del romanzo di Jo Nesbø “Sole di mezzanotte” è freddo (e questo poco ha a che vedere con le meravigliose location nordiche), patinato, lento, monocorde. A questa storia sospesa tra noir e thriller psicologico manca del tutto identità e respiro narrativo.
Lo sceneggiatore Stefano Bises è stato lodato più volte in conferenza stampa – dal regista, dai produttori e dagli attori – per “lo splendido lavoro di riscrittura” del romanzo. Manco a dirlo, io il romanzo non l’ho letto, ma posso assicurarvi che in questo script di splendido e/o memorabile c’è davvero poco.
L’intreccio è inverosimile, eccessivamente caricato e manicheo nel voler rimarcare l’ottusità degli abitanti dell’isola – con l’isolamento fisico che diventa anche ideologico. Le diverse storyline sono tenute insieme in modo forzato.
Il noir di stampo nordico è un genere ben preciso, a livello di scrittura, recitazione e ambientazione. “The hanging sun” aspirava a inserirsi nel novero di pellicole riuscite di questo tipo, come “Insomnia” di Cristopher Nolan, ma spicca solo dall’ultimo punto di vista, grazie all’uso di location davvero affascinanti.