di Luciaconcetta Vincelli
Uno spettacolo di Carlo Goldoni. Per la regia di Anna Cianca. Con Marcello Calandrini, Giovanni Sansonetti, Alessia Filiberti, Piergiorgio La Rosa, Antonio Gallelli, Giulia Sanna, Cristina Finocchi, Annunziata Fabrizi.
Nella notte del 16 marzo la virtù settecentesca dell’opera di Carlo Goldoni “Pamela nubile”, in chiave anni ’70, si è riconciliata con la passione, quella degli attori e del pubblico del teatro Le Salette di Roma, illuminato dalle luci del Vaticano.
È infatti in un gioco di luci che lo spettacolo, tratto originariamente dal romanzo del 1749 di Richardson, si annuncia dapprima modesto, poi sempre più dirompente. Obiettivo? Generare un’atmosfera di meta-teatro comico, ma autentico.
Rifiutando i tempi scanditi dell’inizio e della fine della rappresentazione, i riflettori restano accesi sul pubblico, presenza sottolineata, non nascosta, quando gli attori si raccontano, circolando per la sala.
Poi le luci si spengono, spingendo a concentrare l’attenzione sul palcoscenico e su una scenografia essenziale, ma dinamica. Tre poltrone, e le quinte che riacquistano concretezza scenica quando, a più riprese, gli attori palesano le vicende alternate dietro ai pannelli del palco. E lì, tra realtà e messa in scena, si ridisegna l’interrogativo, come sulla locandina di Luigi de Michele.
Una domanda duplice, che esaspera i dubbi sul comportamento umano tra spettacolo e realtà, ma anche nella dicotomia che ci attanaglia tutti: scegliamo la convenzione o l’istinto, il socialmente giusto o la felicità della passione?
Due questioni forse distanti, eppure risolte entrambe con stratagemmi da teatro, escogitati da Goldoni, così come dalla regista Anna Cianca, della scuola di Gigi Proietti.
È la commedia che, come sostiene l’autore veneziano in scena durante l’intero spettacolo (Calandrini), “rappresenta la natura e insegna la virtù”, avvolge una patina colorata intorno a ogni parola, rendendo più accessibili temi e dubbi umani impegnativi.
La regia e l’esterno narrativo conducono la scena in un costante “dentro e fuori”, annullandosi nella citazione di sé, eppure affermandosi nella propria canzonatura, nella propria correzione.
Risultato del gioco? Una resa comica e intelligente della drammaticità della nostra ricerca tra bene e male, verità e finzione, incalzante come il ritmo delle battute tra gli attori straordinariamente “incastrati” tra loro.
Capace di bilanciare sottomissione e ambizione, Pamela, impersonata da Giulia Sanna, affronta o asseconda il sentimento tremante di Lord Binning (Sansonetti).
I consiglieri variano, tra angeli e diavoletti: la serva Jervis, idealmente inquadrata da Annunziata Fabrizi; Sir Arnold e il maggiordomo Longman, nel “bipolare” personaggio del divertente Piergiorgio La Rosa. La figurativa maschera di Lord Arthur indossata da Antonio Gallelli; la signora Andrews, anziana ma non troppo (non fatela arrabbiare!) rappresentata da Cristina Finocchi, fino all’incontenibile presenza scenica di Lady Davers, ben caricaturizzata da Alessia Filberti.
La commistione di questi personaggi/attori porta a una possibile risposta ai due dilemmi: quello che la passione può fare, per trionfare nella virtù, è perseverare, in un atto d’amore che ci ricorda la dichiarazione sul teatro di Oscar Eckdal nel film di Bergman “Fanny e Alexander”.
Così, pur inconsciamente, Goldoni asseconda la passione e, tramite un inaspettato espediente, fa coinciderne l’esito con quello della virtù. Una lezione che questa compagnia “di appassionati, attori non professionisti”, come ci racconta la regista, sembra aver adottato nella vita e nella sua sana e robusta costituzione.
Nella notte del 16 marzo al Teatro Le Salette, “piccolo gioiello” ci suggerisce l’attrice Alessia Filiberti, l’opera di Goldoni si è completata e, ci anticipa la regista, continuerà a farlo nelle repliche che seguiranno.