La street art, si sa, ha avuto un rapporto spesso conflittuale con le istituzioni. L’illegalità degli spazi e le proteste veicolate dalle opere hanno inizialmente allontanato gli street artist dai luoghi dell’arte riconosciuti. Questa tendenza però, si sta decisamente affievolendo, tanto che esempi di collaborazione sono sempre più frequenti.
La street art ha mostrato una forza espressiva eccellente, dovuta soprattutto alla peculiare caratteristica di arrivare in spazi mai raggiunti, di parlare alle periferie, ai luoghi di confine, agli edifici cadenti: tutti capaci di amplificare il messaggio trasmesso perché facilmente fruibili. Mentre l’arte tradizionale parla a chi vuole ascoltare, a chi la cerca, la street art non si nasconde. Ed è usando muri di periferia e carcasse in disuso, che è stata capace di arrivare dove spesso le istituzioni sono mancate.
Ecco allora che la collaborazione tra artisti di strada e sistema istituzionale non appare più così remota, anzi. Avviene sempre più spesso che quest’arte venga riconosciuta e sfruttata per il suo potenziale, affidandole incarichi che mirano il più delle volte alla riqualificazione urbana. La società, insomma, ne riconosce meriti e valori.
Un recente esempio di questo avvicinamento è B.art – arte in barriera, un bando indetto dalla Fondazione Contrada di Torino rivolto ad artisti, architetti, grafici e designer. La sfida è stata quella di pensare a un progetto per riqualificare il quartiere periferico torinese Barriera di Milano, avendo a disposizione 13 facciate cieche di edifici della zona.
A legare i lavori doveva essere un concept unico che narrasse una storia in linea con il contesto. Gli 85 progetti proposti sono stati valutati da una giuria di esperti che ha scelto i migliori quattro, tra i quali, il 15 luglio, la giuria territoriale – associazioni, scuole, abitanti del quartiere – ha indicato il vincitore: “Habitat” dello street artist pugliese Francesco Giorgino, in arte Millo.
Le tredici facciate su cui Millo sta lavorando da settembre giocano tutte sul tema del rapporto tra l’individuo e lo spazio, dove lo spazio è spesso quello della periferia in degrado delle grandi metropoli. I personaggi, di dimensioni spropositate rispetto all’ambiente, interagiscono con la parete e si muovono su strade intricatissime e fitte di palazzoni. Sebbene fossero state pensate in bianco e nero, le figure sono state invece colorate e alcuni dei disegni originali sono stati rivisti per meglio adattarsi all’architettura della parete. Si calano nel tessuto cittadino fino a farne parte.
E la cittadinanza ha risposto in maniera entusiasta all’iniziativa, tanto che i tre tour organizzati alla scoperta degli “Habitat” di Millo sono andati tutti esauriti.