“Nitram”: alle origini di un killer e di un massacro, quello di Port Arthur

Justin Kurzel dirige un racconto asciutto, non morboso, con un grande protagonista

Un film di Justin Kurzel. Con Essie Davis, Caleb Landry Jones, Anthony LaPaglia, Judy Davis, Annabel Marshall-Roth. Thriller, 110′. Australia 2021

Anni ’90. Nitram vive un’esistenza isolata e frustrante con la madre e il padre in una zona suburbana dell’Australia. Le cose sembrano cambiare quando conosce Helen, una solitaria ereditiera. Ma la fine tragica di questo rapporto porterà l’uomo a sprofondare in una spirale dagli esiti drammatici. 

 

Ispirato al massacro di Port Arthur, in Tasmania, del 1996 che causò la morte di 35 persone e il ferimento di 23, “Nitram” è un dramma ricco di sfumature e ritmo che parte da lontano, della strage si vede infatti solo l’incipit. 

Il protagonista di questa storia è un ragazzo (ispirato al pluriomicida Martin Bryant) che fin dalla prima scena ci appare con sguardo allucinato, perso nel suo mondo, intento a sparare felicemente botti vicino a una scuola. 

I vecchi genitori, soprattutto la protettiva madre (una bravissima Judy Davis), hanno fanno di tutto per ereggere una barriera tra il figlio e il mondo esterno. Ma questo isolamento affettivo, sociale ed esistenziale, paradossalmente, non hanno fatto che amplificare il suo stato psicotico, curato in modo approssimativo.

“Nitram” è il drammatico e angosciante count down di una tragica implosione esistenziale, una bomba a orologeria, un vulcano pronto a esplodere. Lo spettatore ne segue le fasi, si avvicina passo dopo passo al punto di non ritorno. E questo rende il film veramente tosto e vibrante. 

Per ciò che riguarda il tema delle armi, possiamo accostare “Nitram” al documentario “Bowling a Columbine” di Michael Moore e al film “Elephant” di Gus Vas Sant. Ma Justin Kurzel, cantore dell’anima nera dell’Australia, preferisce indagare le cause delle strage e scavare nella personalità dell’assassino. 

Nessun giudizio, nessuna condanna o assoluzione. “Nitram” è il racconto asciutto e non morboso della discesa agli inferi di un uomo – interpretato in modo egregio da Celeb Landry Jones, in odore di Palma d’oro – e al contempo la condanna di un sistema, quello australiano, che all’epoca prevedeva la libera circolazione delle armi. 

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