“L’ombra di Caravaggio”: luci e ombre di un artista discusso e geniale

Il biopic di Michele Placido con Riccardo Scamarcio è atipico, visivamente eccelso ma crudo

Un film di Michele Placido. Con Riccardo Scamarcio, Louis Garrel, Isabelle Huppert, Micaela Ramazzotti, Mario Molinari. Drammatico, 120′. Italia 2022

Napoli, 1609. Michelangelo Merisi, noto a tutti come Caravaggio, trova rifugio presso la famiglia Colonna in attesa della grazia papale che gli permetterebbe di sfuggire alla decapitazione come punizione esemplare per aver ucciso l’amico-rivale Ranuccio. Il pittore e scultore sostiene di essersi semplicemente difeso da un agguato, poiché durante la sua vita “da avanzo di galera”, fatta di grandi bevute e di rapporti sessuali con “donne di malaffare” e ragazzi, le risse sono state all’ordine del giorno. Del resto la sua “vita spericolata” è riflessa nei suoi dipinti, in cui una prostituta può diventare la Vergine Maria e un senzatetto San Pietro capovolto sulla croce. Per questo la Chiesa gli mette alle calcagna una sorta di inquisitore che ha il compito di indagare sul suo passato e di mettersi in contatto con le persone a lui più vicine, quelle che malgrado tutto lo proteggono: in primis la marchesa Costanza Colonna e il nipote del Papa, Scipione Borghese.

 

Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, è stato definito il pittore della luce. Ma chi è stato veramente quest’uomo del XVI secolo? Un assassino? Un dissoluto? Un genio incompreso e ingiustamente perseguitato dalla Chiesa?

Michele Placido, con il suo “L’ombra di Caravaggio”, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma e in uscita al cinema, firma un biopic atipico, esteticamente elegante quando crudo nella descrizione dell’estrema povertà degli ultimi e nelle scene di sesso.

Caravaggio era un uomo carismatico e anticonformista, capace di affascinare alti prelati, nobildonne e persone comuni. Una rockstar ante litteram. Con la sua arte, Caravaggio inseguiva la verità e per farlo non aveva timore, ad esempio, di utilizzare prostitute e mendicanti come modelli per i suoi quadri di arte sacra. Questo, in un’epoca fortemente conservatrice, non poteva non essere motivo di scandalo e polemica all’interno della Curia romana.

“L’ombra di Caravaggio” racconta gli ultimi anni di vita del pittore, utilizzando l’escamotage dell’indagine segreta ordinata dal Papa. Questa indagine viene affidata all’Ombra (Garrel), integerrimo e spietato funzionario che con ogni mezzo cerca di far confessare gli amici e i protettori di Caravaggio, al fine di stabilire se egli fosse degno della grazia oppure della condanna. Ma durante l’incarico, addentrandosi nella bellezza e drammaticità della pittura dell’artista, le sue certezze verranno meno. 

Il film di Placido è costruito su un doppio binario drammaturgico e strutturale: da una parte lo spettatore segue la caccia all’uomo messa in atto dall’Ombra, dall’altra è trascinato nella tumultuosa e caotica vita del pittore. Un film ambizioso, soprattutto nel cercare di raccontare il processo creativo e le tecniche artistiche utilizzate da Merisi, e di tenere quindi insieme storia, arte e finzione. 

La domanda è se il pubblico medio, quello dei non appassionati, riuscirà ad appassionarsi al progetto. Perché al di là del thriller storico e degli eccessi, il tono del racconto è alquanto sofisticato, per certi versi respingente. Ai posteri l’ardua sentenza. 

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