Intervista all’attrice Martina Badiluzzi

Fresca vincitrice del premio come migliore attrice e come miglior drammaturgia al Roma Film Festival per lo spettacolo “FÄK FEK FIK – le tre giovani”, Martina Badiluzzi è quello che si dice un volto nuovo del teatro made in Italy.

Friulana di nascita, si è trasferita a Roma per inseguire il sogno di diventare attrice. Obiettivo non semplice, in un panorama come quello di casa nostra dove le possibilità non germogliano naturalmente, ma vanno sapute creare – e sfruttare. Chissà che il successo al Fringe non rappresenti una buona rampa di lancio.

Proprio da questo vogliamo partire in questa intervista per Parole a Colori con Martina Badiluzzi.

FÄK FEK FIK - le tre giovani
Martina Badiluzzi con Ylenia Giovanna Cammisa e Arianna Pozzoli

Hai da poco vinto il premio come attrice al Roma Fringe Festival, insieme a Ylenia Giovanna Cammisa e Arianna Pozzoli. Te l’aspettavi?
Sono scaramantica, gli scaramantici non pensano certe cose.

Lo spettacolo con cui hai calcato il palcoscenico, “FÄK FEK FIK – le tre giovani”, è stato un po’ il mattatore di questa edizione, suscitando l’entusiasmo di pubblico e addetti ai lavori. Qual è il suo punto forte, secondo te?
La nostra fame è la fame del pubblico. Noi ci lasciamo divorare da loro, loro da noi. Fäk Fek Fik è un banchetto al quale sono tutti invitati, noi apparecchiamo la tavola con le nostre viscere e la nostra nudità, il pubblico ci/si riconosce oppure no.

Ci racconti qualcosa del progetto che ha portato alla nascita dello spettacolo?
Tutto è cominciato allo sch.lab, il laboratorio condotto da Dante Antonelli; c’erano molti attori, comprese noi tre. La sera, dopo il laboratorio, stavamo distese sul letto a una piazza e mezza della mia stanzetta a Gattamelata disegnando a sei mani, sul quaderno di Arianna, la struttura dell’improvvisazione del mattino successivo. Era il maggio del 2014. Da lì, con la regia di Dante, la partecipazione al Nops con un lavoro su “Sovrappeso, insignificante: informe” per sei attori e al Festival del Teatro Ecologico di Stromboli. Poi il sostegno del Forum di Cultura Austriaca e il desiderio di cominciare dal primo della trilogia dei “Drammi fecali”, dall’inizio. Dalle mamme, dalle figlie, dalle donne giovani e vecchie urlanti di Werner Schwab. Dante continuerà a lavorare alla trilogia e ha appena vinto assieme al collettivo Sch la residenza a Carrozzerie n.o.t “odio l’estate” che verrà dedicata a “du/et” questa volta, da “Sovrappeso, insignificante: informe”.

Parliamo adesso del sodalizio artistico con Ylenia Giovanna Cammisa e Arianna Pozzoli Com’è nato?
Sul lavoro. Ci siamo conosciute sudate e in tuta da training, poi nella vita. Dante ci ha guidate in questo lavoro assieme, lo spettacolo non esiste senza una di noi, la nostra bellezza è la nostra diversità, la nostra forza.

E com’è condividere il palco alla pari con altre persone? Si dividono responsabilità e tensioni, quindi è solo bello, oppure ci sono dinamiche che devono scattare e criticità da limare?
I momenti critici sono fuori dalla sala prove e della performance, se litighiamo lo facciamo come gli amanti che vivono in due città lontane tra loro.

Come ti descriveresti, in poche parole?
Bionda.

Hai sempre voluto fare l’attrice? Insomma, era il tuo sogno sin da bambina?
Da piccola adoravo quando mamma Paola mi vestiva bene per andare a teatro, avevo una mantellina blu con i bottoni d’oro. Mi sentivo il Capitano di una nave e andavo a sedermi sulle seggiolone di velluto rosso per vedere le tempeste. Era bellissimo! Poi ho pensato che invece che guardare le tempeste potevo giocare a fare le tempeste. È il sogno di Peter Pan, anzi no, Peter Pan non torna. È Wendy che decide di invecchiare. È il sogno di una donna.

E in pratica, come sei arrivata sul palco del Fringe?
Con un sacco di lavatrici. Abbiamo sudato ogni goccia di sudore, fa caldissimo a Roma!

Martina Badiluzzi sul palco del Fringe

Oggi fare teatro sperimentale in Italia è quanto mai una scelta rischiosa, ma è anche vero che il pubblico è sempre meno numeroso anche nei teatri più classici e rinomati. A cosa pensi sia dovuto questo disinnamoramento della gente? Tutta colpa della tv e di internet, media più semplici da raggiungere e da fruire?
Io faccio parte di quel pubblico disinnamorato, non li biasimo. Non ci sono colpevoli, se ciascuno potesse fare il proprio mestiere le cose sarebbero diverse.

E cosa pensi si possa fare per riavvicinare le persone al mondo dello spettacolo dal vivo? I festival come il Fringe servono per riportare il teatro tra la gente e la gente a teatro?
Il pubblico si avvicina così, con le porte aperte del Fringe che accoglie centinaia di artisti in più di un mese di Festival.

Com’è essere una giovane attrice in Italia nel 2015? La concorrenza è agguerrita?
Non lo so, dove sono tutte? Io ne conosco solo altre due.

Un’esperienza professionale che rifaresti subito, a occhi chiusi, e una che invece, potendo, eviteresti?
Il ruolo di Maria nella recita di Natale del ’93. Due anni dopo Lucia Mondella, un fiasco. Entrambi i lavori erano diretti da Suor Celestina.

Archiviato il Fringe, quali sono i tuoi progetto per il futuro?
A fine luglio un piccolo debutto cinematografico. Ho molti grilli per la testa, vivissimi. Sto pensando al video, sto facendo degli esperimenti in digitale.

Come ti vedi, diciamo, tra 5 anni?
Anche se ci provo non arrivo così lontano col pensiero.

Grazie a Martina Badiluzzi per essere stata con noi e in bocca al lupo per la sua carriera. Qualcosa da aggiungere?
Grazie a voi! A parte che siamo tutti in splendida Fäk Fek Forma? Ci vediamo al Teatro del Lido di Ostia l’8 agosto alle 21. Cercateci su Internet e Facebook, basta digitare le tre F!


 

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