Intervista all’attore Daniele Mariani

Dopo il successo in "Tutto può succedere", interpreta un amico della Martini in "Io sono Mia"

Foto di Alessandro Bachiorri

Il pubblico televisivo ha imparato ad apprezzare Daniele Mariani – attore, classe 1989, nato a Marino e formatosi artisticamente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma – per il ruolo di Giovanni nella seconda e nella terza stagione della fiction “Tutto può succedere”.

Con il personaggio di Anthony, un caro amico della cantante Mia Martini, nel film tv “Io sono Mia” diretto da Riccardo Donna, che uscirà al cinema per un evento di tre giorni il 14, 15 e 16 gennaio e successivamente verrà trasmesso su Rai 1, l’attore romano ha l’occasione di mettere in mostra altre doti oltre alla simpatia.

Di questo ruolo, di musica, mostri sacri del cinema e aspirazioni per il futuro abbiamo parlato con lui nella nostra intervista.

 

Ciao Daniele, benvenuto su Parole a Colori. Iniziamo con una domanda di rito. Come ti definiresti, usando solo poche parole?

Direi una persona semplice che sogna in grande.

Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di attore? È stata una scelta maturata nel tempo o un colpo di fulmine?

Credo siano due i motivi principali. In primis la fascinazione esercitata su di me dai grandi film, sin da quando ero bambino, la convinzione che quello che mi rimaneva dentro dopo una visione fosse speciale e la voglia di far parte anche io di quella magia. Poi il fatto di essere portato. Durante l’adolescenza tante persone mi hanno consigliato di prendere in considerazione questa strada.

E parlando proprio di film, ce n’è uno in particolare – o un attore – che ti hanno ispirato?

Sono veramente troppi, e tanto diversi tra loro, non riuscirei a citarne uno in particolare. Se penso al Daniele bambino potrei citare Robert De Niro in “Toro Scatenato”, Jean Reno in “Leon” o rimanendo in casa nostra, Alberto Sordi, Massimo Troisi, Nino Manfredi, Carlo Verdone, Gigi Proietti, Lino Banfi… Ma sarebbe riduttivo, te l’ho detto, perché potrei fare tantissimi altri nomi. Sicuramente tra i tanti punti di riferimento di oggi ci sono Gian Maria Volonté e Toni Servillo.

Foto di Alessandro Bachiorri

Nel film tv “Io sono Mia” interpreti un caro amico della Martini, Anthony. Com’è stato lavorare a questo progetto?

È stato molto divertente. Se guardi i nomi che ho appena citato credo si possa dedurre la mia passione per i caratteristi e per la maschera, ed è questo il mio personaggio in “Io sono Mia”, una bellissima maschera. Spero che il pubblico riuscirà a percepire la natura di Anthony e non sto parlando solo di trucco e parrucco, ma dell’essenza di personaggio. Per quanto riguarda il resto, è stato tutto molto esaltante, vedrete, a partire da Serena Rossi che ha fatto un interpretazione magistrale.

Qualche aneddoto significativo che puoi raccontarci dell’esperienza sul set?

Credo fosse il secondo giorno di riprese, e questa cosa la ricordo con grande affetto. Alla fine di un take in cui sentivo di non aver dato il massimo vado da Riccardo Donna al monitor e gli chiedo cosa ne pensasse. Mi guarda e mi dice; “Mi sembravi Albertone”. Il take successivo ho portato a casa la scena. Poi ricordo le facce delle persone quando uscivo dal trucco, mi guardavano come fossi un alieno.

E qual è il tuo ricordo personale, da ascoltatore e appassionato di musica, di Mia Martini?

Sicuramente l’esibizione di San Remo ‘89, rivista a posteriori centinaia di volte su Youtube. È stato un momento molto importante per lei, il giorno della personale rivincita nei confronti di chi, per una vita intera, l’aveva tormentata. Mia Martini è stata una grandissima artista, un vanto per noi Italiani e il rispetto per quello sconfinato talento andava dimostrato allora come oggi, invece così non è stato purtroppo.

Nella fiction Rai “Tutto può succedere”, Daniele Mariani interpreta Giovanni.

Nel corso della tua carriera hai lavorato al cinema, in tv, in teatro. C’è un ambito in cui ti senti più a tuo agio? E quali sono le differenze nell’avvicinamento a un ruolo, tecnicamente parlando?

Mi sento a mio agio laddove riesco a lavorare bene e laddove ci sia un motivo valido per farlo, una necessità. Devo riuscire a credere che da quella mia interpretazione dipendi il destino dell’umanità, a prescindere se sia un’interpretazione comica o drammatica, fatta in teatro o davanti a una macchina da presa. Se non riesco a dare un senso imprescindibile a quello che faccio allora non lo faccio.

Hai indicato in Jack Nicholson un punto di riferimento assoluto in fatto di recitazione. Se tu potessi “rubare” una caratteristica all’attore americano sarebbe…?

A Jack Nicholson ruberei tutto: il senso del ritmo, la mimica, il magnetismo. Anche lui fa parte degli extraterrestri.

In una precedente intervista hai detto che sei anche un grande appassionato di lettura. Quali sono i tuoi libri “della vita”? E hai mai pensato di sederti dall’altra parte e diventare scrittore?

No, non credo sarei all’altezza, anche se la tentazione è forte. Credo che semmai dovessi provarci sarebbe per una sceneggiatura e non per un romanzo. Comunque, leggo molto, sì. Il mio genere preferito è l’autofiction, uno stile a metà tra il biografico e il romanzo e lo scrittore che meglio lo incarna è, a mio avviso, Emmanuel Carrere. Ho letto tutto di lui, e non ne ho mai abbastanza.

Prima di lasciarci, come ti vedi tra dieci anni? Sempre sul pezzo, auto-ironico e consapevole?

Sempre con lo specchio, credo.

 

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