“I cieli di Philadelphia”: recensione del romanzo di Liz Moore

Tra dramma familiare e detective story, passato e presente, NN Editore pubblica un romanzo vero

Visto quello che in queste settimane sta succedendo sull’altra sponda dell’Atlantico, abbiamo un bisogno disperato di libri che raccontino l’America vera, al di là dei luoghi comuni e delle immagini spesso patinate rimandate da film e serie tv. E sì, io parlo anche di romanzi, non solo di saggi e reportage.

Uno dei grandi pregi di I cieli di Philadelphia” di Liz Moore, uscito il 21 maggio per NN Editore, per me è proprio questo: al di là della componente di finzione, ben strutturata e intrigante, è un romanzo vero, realista, crudo. Un romanzo che ci porta per le strade di una città americana vera, senza nasconderne sotto il tappeto le brutture e i difetti.

Michaela, Micky, Fitzpatrick è un’agente di polizia. Vive da sola e tra mille difficoltà si prende cura del figlio Thomas, un bambino dolce e intelligente. Pattuglia le strade di Kensington, il quartiere di Philadelphia dove è cresciuta e dove l’eroina segna il destino di molti, perché vuole tenere d’occhio l’amata sorella Kacey, che vive per strada e si prostituisce per una dose.

Un giorno, Kacey scompare da Kensington, proprio nel momento in cui qualcuno comincia a uccidere le prostitute del quartiere. Michaela teme che sua sorella possa essere la prossima vittima e con l’aiuto del suo ex partner, Truman, inizierà a cercarla con fiera ostinazione, mettendo in pericolo le persone più care, e rivelando una verità che lei stessa prova a negare con tutte le sue forze.

I cieli di Philadelphia” è un romanzo ipnotico, che coinvolge al punto che è molto difficile metterlo giù e dedicarsi a qualcos’altro, troppo forte la curiosità di capire cosa succederà “dopo”, come andranno le cose nel presente di Micky, ma anche come sono andate nel passato suo e della sorella.

Oltre al fatto di mescolare dramma familiare e detective story, infatti, Liz Moore giustappone passato e presente, creando un intreccio talmente stretto che la storia procede quasi su un unico binario. Non sarebbe possibile capire la Micky di oggi, le sue scelte, le sue paure, senza conoscerne la storia, quello che le è successo da bambina e da ragazzina.

Il legame con la sorella Kacey è più complesso di quello che si potrebbe immaginare, caratterizzato da alti e bassi davvero enormi. E quando si pensa di aver capito tutto, arriva un colpo di scena che io, personalmente, non mi aspettavo… perché la Moore è brava a mostrare le cose da una precisa prospettiva, illuminando i tasselli del suo puzzle solo un po’ alla volta. Così il quadro finale è visibile, appunto, soltanto alla fine.

Sullo sfondo, ma vivo e palpitante come un personaggio in carne e ossa, si staglia il quartiere di Kensington, degradato, abbandonato, l’altra faccia perfetta di quel sogno americano che tanto ci è stato decantato negli anni. Eppure anche i derelitti che vivono qui hanno una possibilità di riscatto, ed è forse questo il messaggio più vero del romanzo della Moore: le condizioni di partenza possono essere le più sfavorevoli possibile, la vita può metterti davanti ogni genere di ostacolo, ma farcela si può. Con fatica e determinazione, certo. Ma si può.

 

Exit mobile version