Fabbriche ed edifici abbandonati: la seconda vita nel nome dell’arte

Valparaiso, Cile
Street art, Valparaiso, Cile

L’ex stabilimento Fiat di Novoli, nella periferia nord di Firenze, ormai in disuso da anni, verrà convertito a centro d’arte contemporanea. Ancora una volta la riqualificazione di edifici urbani dismessi passa attraverso la nascita di poli artistici o creativi.

Questa via è stata scelta dalle istituzioni in Italia da diversi anni. L’obiettivo è chiaro: dare una nuova identità sociale ad ambienti abbandonati invece che abbatterli o, peggio, lasciarli al loro destino.

Un altro stabilimento Fiat – quello del Lingotto di Torino – ha già subito questo processo in passato diventando, su progetto di Renzo Piano, un grande sistema polifunzionale che ospita, tra le altre cose, il centro fiere in cui si svolge Artissima.

Sempre a Torino – la cui storia è strettamente legata a quella delle sue industrie – sono in corso di restauro le Officine Grandi Riparazioni, in cui un tempo si riparavano locomotive, e che diventeranno un luogo di sperimentazione culturale e di ricerca.

Non solo Torino, però. La riqualificazione urbana nel nome dell’arte interessa molte città italiane. L’Hangar Bicocca di Milano, centro affermato di promozione ed esposizione artistica, è stato ricavato da un ex stabilimento Ansaldo-Breda, mentre una sede del MACRO di Roma occupa due padiglioni dell’ex mattatoio di Testaccio.

Interessantissimo il progetto di Dolomiti contemporanee che prevede di rivitalizzare, sempre tramite arte e cultura, spazi abbandonati appartenenti al territorio delle Dolomiti rendendoli centri di esposizione e di produzione artistica, eccellente esempio di rilancio territoriale attraverso iniziative di carattere culturale.

La riconversione di ex fabbriche o di edifici abbandonati ha spesso anche un valore sociale. In molti casi, oltre a ridare dignità a luoghi in decadenza, sono il quartiere o la città in cui è calato il polo d’interesse a venire rilanciati.

A Belgrado, un ex museo privato, diventato magazzino durante la seconda guerra mondiale per poi essere lasciato all’incuria, è stato trasformato nel Centro per la decontaminazione culturale, che ha come obiettivo quello di promuovere tolleranza e rispetto contro ogni forma di razzismo e di nazionalismo.

La Chocolate Factory di Londra, un’ex fabbrica nella periferia settentrionale della città, inutilizzata dagli anni ‘90, è rinata sotto forma di spazio artistico per il supporto della creatività dei giovani del territorio, di cui si è fatta punto di riferimento.

Ad Amsterdam, la conversione del Westergasfabriek – l’ex impianto di gas – in un centro culturale è stata seguita in modo costante dalla cittadinanza che ha intavolato un dialogo con le istituzioni per indirizzare i lavori di bonifica e partecipare attivamente alle proposte operative, ottenendo un centro perfettamente integrato nel tessuto cittadino.

Il progetto di El faro de Oriente di Città del Messico ha visto la trasformazione di un edificio che ospitava uffici governativi in un centro di produzione artistica. L’area si trova in un quartiere periferico ed estremamente povero della città, Izpalapa, per questo l’obiettivo è stato sin dall’inizio quello di pensare a un polo che diventasse un’opportunità concreta per il territorio, proponendo attività in grado di coinvolgere la cittadinanza e di renderla partecipe al cambiamento.

A Valparaìso in Cile, invece, su iniziativa dei cittadini un ex carcere in disuso dagli anni ‘90 è stato trasformato in un Parco culturale, un punto di incontro per la città che ha come scopo la valorizzare e la promozione della cultura locale.

Arte e cultura a servizio della società, dunque, e al contempo un modo funzionale per conservare le testimonianze di luoghi connessi alla storia economica, sociale o politica del territorio.


 

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