Cartoline dal TFF: “Jesus” e “Porto”

In concorso, vite sprecate nel Cile di oggi, e una storia d'amore malinconica, segnata dal destino

Cari lettori, nel mio 2016 da inviato in giro per festival non poteva mancare una tappa in Piemonte, per la 34° edizione del TFF che quest’anno si è aperta nel segno del punk e nel ricordo del duca bianco David Bowie.

Questo è un festival anti-glamour, a misura d’uomo, se vogliamo una sorta di antitesi di Cannes e Venezia, più vicino, come spirito, a Sundance e Tribecca.

Sono arrivato nel capoluogo piemontese il 17 novembre per calarmi il più possibile nell’atmosfera austera e sabauda che si respira in città, una città dove si guarda alla sostanza più che alla forma.

Ma passiamo a parlare di film, i veri protagonisti della kermesse. Il concorso di è aperto a opere prime e seconde, e la scelta dei titoli in cartellone ricade spesso su pellicole indipendenti e sperimentali, poco commerciali.

 

“JESUS”: VITE SPRECATE NEL CILE DI OGGI

Un film di Fernando Guzzoni. Con Nicolás Durán, Alejandro Goic, Gastón Salgado, Sebastián Ayala, Esteban Gonzalez. Drammatico, 86′. Francia, Cile, Germania, Grecia, Colombia 2016

È il caso di “Jesus” di Fernando Guzzoni, che porta lo spettatore in Cile per osservare la vita del giovane protagonista e dei suoi amici, una vita scandita dai tentativi di diventare una band di successo, dell’alcolismo e dal sesso promiscuo, estero e omosessuale.

Se vogliamo il regista ricorre a un genere neo-realista 2.0 per raccontare l’insistenza delle nuove generazioni, capaci di diventare all’occorrenza anche violente senza alcun motivo.

“Jesus” scorre sullo schermo senza trovare mai una precisa identità o un filo narrativo convincente, con un ritmo compassato che manca di colpi di scena e sussulti emotivi.

Un film noioso e prevedibile anche dal punto di vista registico, che si salva solamente nel riuscito finale, con la scelta sofferta del padre del protagonista che tocca profondamente chi guarda.

Per “Jesus” è un biglietto Nemmeno regalato, con riserva.

 

“PORTO”: DUE OUTSIDER S’INCONTRANO E SI AMANO

Un film di Gabe Klinger. Con Anton Yelchin, Lucie Lucas, Françoise Lebrun, Paulo Calatré, Chantal Akerman. Drammatico, 75′. USA, Francia, Portogallo, Polonia 2016

Dal nichilismo cileno al romanticismo malinconico di “Porto” di Gabe Klinger, in cui lo spettatore segue con interesse il casuale e coinvolgente incontro tra due outsider nella crepuscolare città del Portogallo.

Due anime diverse e distanti trovano nello sguardo uno dell’altro una complicità e un’intensa inaspettata che li spinge a trascorrere una notte di passione ma anche di coinvolgimento emotivo.

Il film racconta l’incontro dal punto di vista dell’uomo, da quello della donna e infine da quello di entrambi.

“Porto” è nel complesso godibile, delicato e tenero nell’intreccio, nella struttura e nello stile registico, magari con un ritmo un po’ compassato e lento che però non incide negativamente sulla curiosità dello spettatore nel seguire la vicenda della coppia protagonista fino alla fine

Ultima apparizione del compianto Anton Yelchin, che forma con Lucie Lucas una coppia credibile e affiatata. Si avverte l’alchimia tra i due attori e questo aiuta a trasmettere al pubblico sincere emozioni.

Il finale, ben costruito, conferma la convinzione che talvolta il silenzio è più esplicativo di tante, inutili parole.

Per “Porto” è un biglietto di pomeriggio (con riserva)

 

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