Nelle ultime settimane si è discusso molto su chi sia “l’italiano medio”, su come questo personaggio pensi e agisca, per merito o demerito del film omonimo di Maccio Capatonda. Personalmente non ho visto la pellicola in questione, anche perché so bene chi è l’italiano medio: sono io, ovviamente.
L’Italiano medio guarda e soprattutto tifa la nazionale di calcio solo agli europei e ai mondiali, per poi disprezzarla e snobbarla il resto del tempo a favore del club cittadino. L’Italiano medio guarda ogni anno il Festival di Sanremo, anche se ufficialmente ne dice pesta e corna. Perché Sanremo è Sanremo, come recita un famoso ritornello, ma soprattutto perché Sanremo è la nostra copertina di Linus di cui, per quanto logora, vecchia e desueta, non possiamo proprio fare a meno. Tutto cambia, tutto si evolve, e sebbene siano nati innumerevoli talent show musicali più glamour e popolari, il Festival resta un punto fermo.
Partendo dal presupposto che io e la musica apparteniamo a due mondi separati e distinti, per me Sanremo è il momento in cui posso atteggiarmi a critico musicale e dire la mia al bar con gli amici sullo stato della canzone italiana.
Con questo spirito, ieri ho accesso la tv per seguire la prima puntata, come da tradizione. L’anteprima non era un’idea malvagia: un buon modo per dare ai cantati la possibilità di raccontarsi al pubblico tra aneddoti e battute. Se non fosse che questo “attacco” è durato quasi quanto una puntata media di un fiction americana (40 minuti) e che si è trasformato in una questua degli artisti, al grido di “Teniamo famiglia, per favore votateci”.
L’anziano che in me ha rischiato di addormentarsi già durante questa fase introduttiva, ma quando finalmente ho visto apparire il sempre pallido Carlo Conti, conduttore e direttore artistico di quest’anno per il rituale “Urbi et Orbi” sanremese, ho preso il sesto caffè della giornata e mi sono preparato alla maratona. Ero curioso di vedere con quale stile Conti avrebbe condotto il Festival e devo dire che, nel complesso, non mi è dispiaciuto. Ha scelto un profilo minimal, classico, pulito, mettendosi al servizio delle canzoni, dimostrando maturità e furbizia televisiva, e lasciando anche il giusto spazio ai “suoi gioielli”, Emma, Arisa e Rocio Munoz Morales.
Sono, lo confesso, un po’ di parte nello stilare le pagelle, avendo per Emma prima di tutto una simpatia umana, che solo di recente si è combinata con una conoscenza del suo lato artistico. Il palco dell’Ariston fa tremare le gambe anche ai professionisti più scafati e con il pelo sullo stomaco. Non poteva essere differente per le due “vallette”, che soprattutto all’inizio si sono dimostrate abbastanza impacciate ed esitanti, anche solo nel leggere il gobbo per lanciare i colleghi cantanti. Andando avanti, però, entrambe si sono sciolte e nel corso dello show hanno cercato di dare un tocco personale alla conduzione, Emma mostrando il suo genuino e ruspante carattere, Arisa con il suo atteggiamento sempre al limite del cartoon.
Sono moderatamente fiducioso che le due ragazze, nel corso della settimana, passata l’emozione del debutto, potranno regalare al programma un quid in più, soprattutto se i creativi e originali autori si ricorderanno che, in fondo, sono due brave cantanti e le loro voci vanno sfruttate al meglio – come è successo ieri con “Carrozzone” di Renato Zero, durante il tributo ai grandi interpreti del passato.
Per quello che riguarda l’attrice e modella spagnola Rocio Munoz Morales so di appartenere alla minoranza, ma più la vedevo e la sentivo raccontare a Conti proverbi spagnoli, più nella mia testa sfilavano nomi di belle ragazze italiane che non avrebbero sfigurato sul palco e insieme al mio orgoglio italico facevamo lunghi e amari sospiri.
Superando il versante conduzione, Sanremo è soprattutto musica e quindi canzoni da ascoltare e giudicare. Ieri si sono esibiti i primi dieci “campioni” e da uomo della strada che spesso canticchia sotto la doccia, il mio orecchio è rimasto colpito, in parte, solo dalle canzoni di Chiara e Nek, di taglio spiccatamente sanremese. A sorpresa, mente e cuore sono rimasti incantati dal poetico e toccante testo di Grazia di Michele e Platinette che, a mio avviso ingiustamente, a fine serata sono scivolati in zona eliminazione e invece meriterebbero quanto meno il Premio della critica. Le altre canzoni mi sono sembrate fuori contesto, poco orecchiabili e soprattutto con testi criptici e incomprensibili.
Se i campioni hanno scaldato poco o nulla il cuore del pubblico dell’Ariston e di quello a casa, sono stati i super ospiti a dominare la scena. Prima Tiziano Ferro, poi Albano e Romina impegnati nella missione Amarcord, infine, a notte fonda, gli Immagine Dragons con la loro bella musica, hanno fatto bene il loro dovere di catalizzatori di attenzione.
In questa prima puntata politically correct c’è spazio anche per un occhiolino al Vaticano, con l’arrivo sul palco della famiglia Anania, la più numerosa d’Italia. Sedici figli per questa coppia calabrese che sul palco dell’Ariston ha cantato le lodi del Signore e della Provvidenza (se fosse o meno previsto che la conversazione prendesse questa piega non è dato sapere).
La regia è stata molto classica e senza sbavature, ma a volte la semplicità è una virtù.
Le vere note dolenti, a mio avviso, arrivano quando si guarda agli autori che hanno scritto degli sketch davvero tristi, imbarazzanti e insulsi. Le parti dello show che avrebbero dovuto essere comiche hanno segnato forse i momenti più bassi della serata con tempi, recitazione e contenuti da dopo lavoro ferroviario – con il dovuto rispetto per i ferrovieri. È davvero deprimente pensare che questi autori siano meglio che la Rai può mettere a disposizione.
C’è poi da chiedersi perché i dirigenti della suddetta emittente abbiano deciso di far salire sul palco Alessandro Siani, presentato da Carlo Conti come al ventesimo anno di carriera. Non amo sparare sulla Croce Rossa e non mi dilungherò sulle polemiche che sono nate sui Social Network per via della gaffe del comico napoletano sul bambino obeso, piuttosto vorrei porvi il quesito se secondo voi Sanremo e gli italiani si meritano questo tipo di comicità.
Quando all’una di notte, ormai con un occhio chiuso e uno aperto, Carlo Conti ha annunciato la prima classifica parziale, frutto del voto popolare e dei giornalisti e che, manco a dirlo, ha suscitato nel pubblico più di una perplessità, io mi sono chiesto se Sanremo conserva almeno una parte della magia di un tempo o se è solo una tradizione usurata, che portiamo avanti per abitudine più che per passione. La risposta me la sono data questa mattina, dopo qualche ora di sonno ristoratore, quando già canticchiavo la melodia di qualche canzone. Perché Sanremo è Sanremo, off course.