A teatro: Oggi sto da Dio

Oggi sto da dio locandinaUno spettacolo teatrale in due atti di Mauro Mandolini. Con Sergio Assisi, Bianca Guaccero, Fabrizio Sabatucci, Giancarlo Ratti. Dal 17 Marzo in scena alla Sala Umberto di Roma

 

“L’Italia è un paese di santi, poeti e navigatori”. Gli italiani sono pizza, mafia e mandolino. L’Italia è il paese del sole e del mare, della corruzione dilagante e della spazzatura puzzolente nelle strade. Il mondo ci apprezza e nello stesso tempo ci deride, siamo amati e insieme considerati l’ultima ruota del carro.

Ma cosa succederebbe se anche nell’alto dei Cieli la nostra credibilità fosse al minino storico e il buon Dio, stanco delle nostre mediocrità e dei nostri limiti, stesse pensando a un’azione radicale ed esemplare per il resto dell’universo? Già perché l’Italia e gli italiani meritano ancora di far parte del progetto celeste se i suoi stessi Santi sono litigiosi, inaffidabili ed egoisti?

Lo spettatore se lo chiede quando appaiono sulla scena nell’ordine Ambrogio (Ratti), Pietro (Santucci) e Gennaro (Assisi), tre uomini italiani che rappresentano, vizi e personalità, un paese da sempre diviso in Nord, centro e Sud.

Ma oltre a essere uomini i tre sono anche santi, convocati da una eccentrica e misteriosa segretaria del Signore (Bianca Guaccero) per essere sottoposti ai dei test affinché dimostrino il loro valore e la loro credibilità. Dio infatti è stanco, vorrebbe prendersi una vacanza e cerca un sostituto temporaneo.

I tre sono spaesati, confusi. La scelta del successore sembra impossibile: Gennaro è strafottente, Pietro svagato, Ambrogio preciso e noioso al contempo. Ma il peggio deve ancora arrivare quando, nel secondo atto, i santi sono mandati sulla Terra dalla segretaria, privi dei loro poteri e con tre difficili prove da compiere: dimostrare che gli italiani possono cambiare, redimersi e non essere solo mammoni, truffaldini e avidi perché in caso contrario l’Italia e la sua popolazione saranno cancellati.

Un testo che ha l’ambizione di raccontare con leggerezza e ironia il mal costume e i limiti di un paese che, nonostante le potenzialità, preferisce sguazzare nella mediocrità e nella corruzione e di descrivere l’indolenza di un popolo incapace di andare oltre il proprio egoismo e personalismo. Purtroppo lo scopo non viene centrato completamente. All’ambizione iniziale non conseguono, infatti, una realizzazione e uno sviluppo adeguati. Il testo risulta scontato, compassato e alquanto retorico, senza quella originalità e quella freschezza che ci saremmo potuti aspettare dai quattro autori. Sono troppo pochi i momenti in cui lo spettatore si concede una risata ascoltando i dialoghi deboli e privi di mordente.

Il secondo atto è la parte più riuscita, con una buona empatia che si crea tra il pubblico e i personaggi. Si avverte più ritmo e vivacità nell’intreccio narrativo e maggiore brillantezza nei dialoghi.

La regia è pulita e semplice; le scenografie e i costumi sono apprezzabili, così come è orecchiabile la colonna sonora.

Avevo alte aspettative per Bianca Guaccero, apprezzata qualche anno fa al Sistina nel musical “Vita da Strega” dove aveva dimostrato talento non solo come attrice, ma soprattutto come cantante. Invece la sua performance mi ha lasciato freddo, senza suscitarmi particolari emozioni. Una partenza lenta, quasi in sordina nel primo atto, per poi essere più sciolta e presente nel secondo, ma senza comunque lasciare il segno, fornendo una prestazione decorosa e nulla più.

Anche Sergio Assisi non convince nel ruolo del santo. Mi è sembrato spesso fuori tono – a volte eccessivo, a volte troppo intimistico, senza mai dare al suo personaggio una giusta connotazione .

Nel cast emergono invece il talento e la personalità di Giancarlo Ratti, già apprezzato nei “Cesaroni” e in “Un Posto al Sole”. Ha confermato le sue doti, con una recitazione solida, sobria e nello stesso tempo incisiva ed efficace. Il suo Ambrogio diverte, e nel secondo atto dimostra poliedricità, interpretando anche altri personaggi di contorno. Oltre a Ratti merita una menzione anche Fabrizio Sabatucci che riesce a incarnare con naturalezza e con i gusti tempi comici l’eterna indolenza romana, mostrando esperienza ma anche freschezza recitativa.

Il finale a sorpresa se da una parte è eccessivamente sentimentale e buonista dall’altra piace e strappa l’applauso allo spettatore. Spettatore che non può non concordare sul fatto che, finché gli italiani conserveranno il loro gran cuore e la loro sensibilità, qualsiasi limite e difetto sarà loro perdonato anche nelle alte sfere.


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