“Tredici vite”: un’incredibile storia vera, tra ricostruzione attenta e fiction

Ron Howard racconta il salvataggio dei giovani calciatori e dell'allenatore thailandesi

Un film di Ron Howard. Con Colin Farrell, Viggo Mortensen, Joel Edgerton, Tom Bateman, Lewis Fitz-Gerald. Drammatico, 147′. Gran Bretagna 2022

23 giugno 2018. Dodici ragazzi di una squadra di calcio restano intrappolati assieme al loro allenatore nella grotta thailandese di Tham Luang, che è stata allagata dall’arrivo dalle piogge monsoniche durante la loro visita. Per cercare di salvarli, vengono mobilitati i Navy Seals locali, oltre diecimila volontari provenienti da tutto il mondo e un team di esperti sommozzatori di cui fanno parte Richard Stanton e John Volanthen. Sono loro che dopo diversi giorni e una lunga immersione riescono a raggiungerli, trovandoli ancora vivi e, grazie anche all’aiuto dell’anestesista Richard Harris, portano a termine l’operazione il 10 luglio senza che ci sia nessuna vittima tra i dispersi.

 

Chi non è stato messo in guardia, da piccolo, sui pericoli che allontanarsi da casa o giocare in certi luoghi possono comportare? Purtroppo nemmeno il genitore più solerte può evitare il verificarsi di tragiche fatalità.

In questo senso, nel maggio 1981 l’Italia ha vissuto un momento di estrema drammaticità, quando il piccolo Alfredino Rampi è caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino Roma. Gli sforzi per salvarlo, purtroppo, non hanno portato all’auspicabile lieto fine e il bambino è morto, dopo tre giorni di inutili tentativi di raggiungerlo. 

Nel 2018, dodici giovani calciatori insieme con il loro allenatore sono rimasti intrappolati, a seguito di un’improvvisa alluvione, nella grotta di Tham Luang, in Thailandia. La mobilitazione del governo locale e di volontari provenienti da tutto il mondo è stata immediata.

Nonostante le condizioni climatiche e strutturali, e le enormi difficoltà di portare in salvo ben tredici persone, in questo caso l’esito dell’operazione è stato positivo. Tutti i dispersi sono stati tratti in salvo, dopo ben diciotto giorni di attesa.

Ron Howard, nel suo “Tredici vite”, disponibile dal 5 agosto su Prime Video, si è buttato nella ricostruzione di questa impresa, cercando di mettere in evidenza soprattutto la straordinaria prova di solidarietà e collaborazione che coinvolse volontari locali e stranieri e forze governative.

Un film di finzione costruito come una docu-fiction, dove il pubblico vive quelle giornate di angoscia attraverso gli occhi dei soccorritori.

Ron Howard sceglie di prendersi tutto il tempo necessario per raccontare questa storia. Il regista americano opta per una regia quasi “al rallenty”, facendo immergere lo spettatore nella grotta, facendogli respirare, toccare e vedere gli spazi angusti, le difficoltà di movimento e i costanti rischi corsi dagli stessi sub. Questa lentezza, però, svilisce parecchio la potenza del racconto.

“Tredici vite” si rivela un lunga e sfibrante maratona visiva, nonostante il potenziale. La lotta contro il tempo dei soccorritori, la ricerca di una soluzione e alla fine la folle scelta di anestetizzare i ragazzi per salvarli vengono annacquati dal ritmo monocorde che rende difficile mantenere alta attenzione e partecipazione emotiva.

Compito arduo anche per gli interpreti: lo stile documentaristico di Howard unito a una sceneggiatura piuttosto rigida fa sì che nessuno riesca a uscire dalla gabbia e brillare in modo particolare.

“Tredici vite” è un film sobrio e realista, ma con evidenti limiti. Sempre attuale il suo messaggio, l’esaltazione della forza della cooperazione e dell’altruismo, che possono portare a compiere imprese all’apparenza impossibili.

 

Il biglietto d’acquistare per “Tredici vite” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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