“Tolkien”: un biopic inquieto, sulla giovinezza del grande autore

Nicolas Hoult brilla insieme a Lily Collins nel film di Dome Karukoski, credibile anche se non perfetto

Un film di Dome Karukoski. Con Nicholas Hoult, Lily Collins, Colm Meaney, Anthony Boyle, Patrick Gibson. Biopic, 112′. USA 2019

Orfano scampato alla prima guerra mondiale, John Ronald Reuel Tolkien  ripercorre in trincea la sua vita; ritorna sulla sua giovinezza, sugli anni degli studi, del primo amore e dei fedeli compagni di scuola. Risale il tempo fino alla stagione più bella, vissuta con immaginazione e interrotta bruscamente dalla guerra. Professore a Oxford, segnato dall’inferno della Somme nel 1916, Tolkien sposa Edith Bratt e la fascinazione per il folklore germanico (e scandinavo), scrivendo, tra gli altri, “Il Signore degli Anelli” e diventando lo scrittore più letto al mondo con 150 milioni di libri venduti.

 

La giovinezza e gli anni di formazione della mente che ha partorito capolavori della letteratura mondiale come “Il signore degli anelli” arriva sul grande schermo nel biopic diretto da Dome Karukoski, con protagonista Nicolas Hoult, perfetto nel ruolo di J.R.R. Tolkien.

In un montaggio alternato tra passato, presente e futuro, il film dipinge un’autobiografia inquieta, intensa e sicuramente fedele del celebre autore. Vediamo il Tolkien bambino, affascinato dalle storie della madre Mabel. Lo ritroviamo ragazzino, circondato da amici brillanti. Viviamo con lui il dolore della guerra.

Soprattutto, attraverso una fotografia dal sapore fortemente vittoriano, vediamo nascere dagli eventi reali della sua vita i personaggi e le storie che lo hanno reso famoso – la Terra di mezzo, i draghi, i Nazgul.

Nel buon cast brilla, oltre al già citato Hoult, Lily Collins che interpreta Edith Bratt, l’amore di Tolkien. I due si conobbero nel 1908, quando lei aveva 19 anni e lui 16, si innamorarono in breve tempo, ma si sposarono solo nel 1916. Ebbero quattro figli, morirono anziani a meno di due anni di distanza. Riposano insieme, nel cimitero di Wolvercote, ad Oxford.

La sceneggiatura è ricca ma semplice; la regia di Karukoski studiata ma non virtuosistica. L’unico punto poco convincente sono le illusioni che risucchiano lo spettatore dentro improbabili scene di battaglie e combattimenti con draghi e affini.

Tolkien affermò spesso di non riuscire a controllare i propri lavori, di essere una sorta di vittima di ciò che scriveva, incapace di smettere. La sua vena di follia, accertata, non emerge in modo del tutto chiaro nel film. Che resta comunque un ottimo prodotto, per i profani ma anche per chi ama lo scrittore e i suoi romanzi.

 

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