Un film di Kantemir Balagov. Con Atrem Cipin, Olga Dragunova, Veniamin Kac, Darya Zhovnar, Nazir Zhukov. Drammatico, 118′. Francia 2017
1998, Nalchik, Caucaso. Una famiglia ebrea viene sconvolta dal rapimento del figlio minore. Evita la polizia e si stringe nella comunità di appartenenza, ma i conflitti latenti esplodono e Ilana, la sorella, si ritrova a lottare contro tutto e tutti.
L‘esordio alla regia di Kantemir Balagov, “Tesnota”, presentato a Cannes 2017 nella sezione Un certain regard, è un film coraggioso. Al centro ci sono i legami che uniscono i membri di una famiglia e quelli tra questi e la società che li circonda, nella Russia di fine anni novanta.
La difficoltà del regista non sta tanto nel voler raccontare i fatti quanto nel volerli collocare storicamente e moralmente. Il tono iniziale è quasi sommesso, con le immagini che scorrono lente, visionarie, e lo spettatore che assiste.
Si capisce che le scelte registiche e narrative sono fatte per metttere a proprio agio chi guarda, per farlo sentire a casa e parte della comunità, per aiutarlo a comprendere i personaggi. Perché “Tesnota” ruota tutto intorno alla preservazione di una famiglia, alle storie personali, alle scelte presenti e al loro impatto sul futuro.
Tutto sembra avere un senso fin quando non iniziano ad apparire scene di esecuzioni e le scelte dei personaggi diventano imposizioni. Anche le immagini cambiano, non sembrano più così familiari. Piuttosto che invitarci a osservare, come nella prima parte, Balagov ci obbliga, e questo rende la visione faticosa, e la storia distante.
La narrazione si fa più astratta ma allo stesso tempo più intima, trasfrmandosi in un racconto introspettivo del rapporto tra una madre e una figlia mai veramente amata. Il finale è triste, ma arriva quasi come una liberazione.