Dopo “La famiglia Aubrey” e “Nel cuore della notte“, la trilogia di Rebecca West, edita da Fazi, si conclude con “Rosamund“. Un romanzo lirico e intrigante, che ha confermato il mio pensiero sull’autrice e sul suo stile. Andiamo con ordine.
Mentre lo scintillio degli anni Venti cede il posto alla Grande Depressione, Mary e Rose sono ormai due pianiste famose. Girano l’America soggiornando negli alberghi più esclusivi e vengono accolte come star alle feste d’élite. Di pari passo al lusso e al successo, si trovano però ad affrontare una società crudele e la volgarità di chi si finge amante della musica senza realmente comprenderla.
Ma soprattutto le due gemelle non riescono a colmare il divario tra presente e passato e a intessere nuove relazioni. Prostrate dal dolore per la scomparsa della madre e dell’adorato fratello, subiranno anche l’allontanamento dell’unica persona che sarebbe in grado di dare valore alle loro esistenze: l’affascinante cugina Rosamund, che ha inspiegabilmente sposato un uomo avido e volgare.
In questo faticoso percorso di maturazione emotiva e artistica, le due donne si aggrapperanno sempre di più l’una all’altra e troveranno rifugio e ristoro nell’affettuosa e pacata umanità degli avventori del Dog and Duck, il pub sul Tamigi. Eppure, mentre il loro senso di inadeguatezza nei confronti della realtà continua a crescere, e Mary si ritira sempre di più a vita privata, c’è una sorpresa che attende Rose: la più deliziosa delle scoperte, l’amore, con tutta la potenza di una sensualità ancora da esplorare.
Il mio rapporto con Rebecca West e con la sua trilogia non è stato semplice, voglio scriverlo come premessa. Fin da “La famiglia Aubrey” ho faticato davvero tanto a entrare in sintonia con lo stile lirico e malinconico dell’autrice, con il ritmo lento del suo racconto e con i suoi personaggi, particolari per non dire strani.
Dopo “Nel cuore della notte” dubitavo di riuscire a leggere con vero piacere uno di questi romanzi… e invece poi è arrivato “Rosamund“, e le mie convinzioni sono cambiate! Penso che per apprezzare davvero questa prosa, questa storia serve la giusta predisposizione mentale. Si deve mettere in conto che quello che si ha tra le mani non è un “classico romanzo contemporaneo”, col suo ritmo serrato e la sua ridda di avvenimenti.
Questo è un romanzo classico, punto e basta. Un romanzo emozionante nella sua semplicità, coinvolgente nel suo scegliere un ritmo blando, una concentrazione quasi maniacale sui pensieri e le sensazioni delle due protagoniste principali, le gemelle Rose e Mary, ma anche di tutti gli altri personaggi.
Non succede molto, in “Rosamund“, eppure succede di tutto. Persone si innamorano e si sposano, altre si sposano senza apparente motivo, fanno scelte di vita incomprensibili. Persone cambiano vita, fanno colpi di testa, viaggiano da un capo all’altro del mondo. Per una storia ambientata nel primo Novecento non c’è di che annoiarsi.
Alla fine resta una sorta di amaro in bocca, per la mancanza di risposte chiare alle grandi domande che questo libro pone. Perché Rosamund ha sposato l’uomo che ha sposato? C’è una ragione dietro la sua scelta? Si è pentita ed è poi tornato sui suoi passi? Rose e Mary l’hanno “avuta indietro” oppure no? Non lo sappiamo. Perché Rebecca West ha deciso di mettere un punto fermo in un passaggio come un altro, lasciando la storia aperta, in un fluire naturale che ricorda la vita.
«Orribilmente indifferenti», disse il signor Morpurgo, «e orribilmente fortunate. Davvero non devo fare alcuno sforzo per controllarle nella gestione del denaro. A parte suggerire che non lo spendano come marinai ubriachi. Ma l’idiota che avete sposato ha lasciato diecimila dollari in una banca di San Francisco e se n’è dimenticata per quasi due anni; poi se n’è ricordata nel momento peggiore della Depressione e ha fatto comprare al banchiere un po’ di azioni a prezzo di costo. Penso che in dieci anni varranno una piccola fortuna solo loro. Se avesse investito il denaro subito come le avevo insegnato, non avrebbe ottenuto nemmeno una frazione di quello che ne ha ricavato. Oh, lasciamole fare di testa loro, è davvero più saggio».