Se in “Il meglio della vita” Rona Jaffe aveva raccontato la vita lavorativa e sentimentale di alcune giovani donne nella New York degli anni ’50, con “Riunione di classe“, edito da Neri Pozza, compie un’operazione diversa – e, a mio parere, anche più riuscita.
Ad accomunare le due opere la tipologia delle protagoniste, ragazze e donne americane di metà Novecento, e parte dell’ambientazione – anche in questo caso New York gioca un po’ la parte del leone. “Riunione di classe”, però, si sforza di creare un quadro più sfaccettato, prima di tutto muovendosi su tre diversi piani temporali.
Il presente è il giugno del 1977. Nella cittadina di Cambridge sta per svolgersi l’annuale raduno delle ex allieve del Radcliffe college. All’evento partecipano Annabel Jones, Christine Spark English, Chris, Emily Applebaum Buchman e Daphne Leeds. Le quattro tornano al campus dopo vent’anni. Oggi sono madri, mogli, portano sulla pelle ricordi dolorosi, cicatrici di errori commessi, hanno lasciato a casa situazioni più o meno complicate. Ma come è cominciato tutto?
E dopo, dalla cerimonia di consegna dei diplomi, facciamo un ulteriore passo avanti, alla fine degli anni ’60, per vedere come le quattro studentesse sono andate avanti con le loro vite, tra matrimoni più o meno riusciti, segreti, difficoltà nella gestione della famiglia, desiderio di realizzarsi o realizzare quello che ognuna crede essere l’ideale di donna giusta.
Poi si torna al “presente”, alla riunione di classe del 1977. ed è qui che le protagoniste, e anche i lettori, tirano in un certo senso le somme. Le ragazze che erano, i sogni che avevano, i progetti, si sono realizzati? Cosa rimane, oggi, di quello che è stato?
È vero, come ho letto in certe recensioni online, che Rona Jaffe tira in ballo tutta una serie di tematiche – i diritti delle donne, l’aborto, le coppie omosessuali, la disabilità – senza andare in profondità con nessuna. È vero che “Riunione di classe” rimane per certi versi un po’ superficiale, una lettura piacevole e leggera ma mai troppo impegnata. Eppure non si tratta di uno studio sociologico, di un romanzo di denuncia, ma di narrativa. Il suo obiettivo non è prima di tutto quello di intrattenere e poi, eventualmente, di fare riflettere?
Visto in questo modo, penso che “Riunione di classe” svolga bene il suo compito. Come spesso mi accade leggendo storie di donne cresciute a metà Novecento, è sorprendente realizzare – per quanto ancora ci sia da lavorare, in tanti Paesi e anche in Italia – la strada che è stata fatta nel campo dei diritti, e dell’informazione.
Forse ancora oggi per le donne è più difficile, almeno in certi ambiti, imporsi e farsi considerare – e pagare – al pari di un collega maschio; forse ancora oggi per un uomo è più semplice vivere in modo libero la propria sessualità, al riparo da pettegolezzi e giudizi.
Eppure, nonostante tutto, quanto siamo più consapevoli, noi donne occidentali, di coloro che ci hanno precedute? E non parlo di migliaia di anni fa, ma di poche decine. Oggi una ragazza non ha bisogno di ricorrere a stratagemmi per avere informazioni sui contraccettivi, oggi sappiamo che è nostro diritto avere un opinione, che possiamo decidere del nostro corpo e della nostra vita. Oggi diamo per scontate cose che in passato erano taboo.
E questo è bellissimo. Vedere che, nonostante tutti i limiti del mondo moderno, ci sono delle conquiste per cui vale la pena festeggiare. Perché commetteremo altri errori, affronteremo altre problematiche, dovremo combattere altre battaglie. Ma lo faremo sicuramente più preparate e consapevoli delle nostre nonne, e probabilmente anche delle nostre mamme.