“Quel tipo di ragazza”: recensione del romanzo di Elizabeth Jane Howard

Una storia attualissima sui rapporti di coppia, l'infedeltà, l'amore e la solitudine

È uscito in libreria per Fazi il 22 novembre Quel tipo di ragazza” di Elizabeth Jane Howard, un’analisi precisa, toccante e incredibilmente attuale dei rapporti di coppia, dei legami che stringiamo nel corso della vita, dell’amore e della solitudine in quanto tali.

Ho una passione per questa autrice inglese dai tempi della pubblicazione della saga dei Cazalet, e ogni sua opera che leggo non fa che confermare la mia idea. Vi basti solo pensare che non avevo mai usato le note del Kindle prima, ma che leggendo “Quel tipo di ragazza” ho dovuto iniziare, tanti erano i pensieri e gli spunti di riflessione che mi venivamo in mente pagina dopo pagina!

Anne e Edmund Cornhill, entrambi sulla quarantina, sono una coppia felice, appagata e ben assortita. Vivono in un’idilliaca dimora di campagna non lontana da Londra, dove lui si reca ogni giorno per lavoro, mentre lei si dedica alla casa, al giardino, alla gatta incinta e alla cucina, preparando deliziose cene per il marito.

Edmund ha una matrigna illustre, la ricchissima Clara, che conduce una vita mondana ed errante e un giorno chiede ai due di ospitare la figlia Arabella, ventenne bellissima e smarrita, che si presenta così sulla loro soglia con un ingombrante carico di abiti splendidi e di carenze affettive.

La comparsa della ragazza nella vita della coppia è fin da subito destabilizzante: Anne e Edmund, che non hanno figli, si sentono inizialmente chiamati a farle da genitori. Ma Arabella è una seduttrice nata e anche dietro le relazioni più solide si celano delle crepe. Ben presto, infatti, gli equilibri iniziano a traballare e la situazione degenera completamente.

Personalmente non sono d’accordo nella descrizione di Arabella come “seduttrice nata”. Sicuramente la giovane sa come ottenere quello che vuole e come conquistare le persone, ma in queste pagine quello che è emerge è che lo fa soprattutto per ottenere sicurezza e stabilità, non per il piacere di sedurre o simili – “Io volevo solo che tu mi volessi più bene […]. Ha funzionato?” chiede ad Edmund a un certo punto, e penso che dica molto sulla sua psicologia.

Arabella ha paura di essere abbandonata (di nuovo); non ha conosciuto mai alcuna stabilità né vero affetto nel corso della sua vita. Per questo cerca di piacere a ogni costo, si confa ai desideri altrui e praticamente si fa fare di tutto dagli altri, pensando tra l’altro che sia giustificato. Il modo in cui è stata cresciuta – o lasciata crescere – l’ha segnata in profondità.

Però è un personaggio che non risulta antipatico, e che non si impone come la rovina famiglie. Anzi! Arabella è una ragazzina, ma sincera e trasparente. Si lascia trasportare, non sa cosa fare della sua vita, è preda di facili entusiasmi. Ma ha vent’anni, e chissà che in futuro non maturi…

Edmund, invece, è il classico quarantenne in preda a una crisi di mezza età – e quanto poco sono cambiate le cose, oggi, rispetto agli anni ’50? Dopo un giorno che conosce Arabella perde la testa e fa pensieri esagerati – come quello di non aver mai provato niente di simile o l’importanza data a certi momenti – ma poi è anche veloce a tornare sui suoi passi, voltarle le spalle e tornare alla normale routine con la moglie. Lui sì che risulta odioso! Un cliché vivente del maschio infedele, tronfio e convinto di essere sempre nel giusto di ieri e di oggi.

Se il triangolo centrale dà da pensare, le parti che mi hanno commosso di più sono quelle di una storyline secondaria – quella di Janet, moglie e madre abbandonata dal compagno che decide di togliersi la vita – che occupa solo pochissime pagine. Il fatto che riesce a essere tanto dolorosa e potente e centrata la dice lunga sull’abilità di Elizabeth Jane Howard, che sa parlare dei sentimenti delle persone e delle difficoltà della vita di tutti i giorni in modo sublime. E poco importa che queste storie siano ambientate quasi cento anni fa: non perdono un grammo della loro forza, e sono vere ancora oggi. Chapeau

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