“Piano piano”: un prevedibile coming of age nella Napoli degli anni ’80

L'opera prima di Nicola Prosatore racconta il mondo attraverso gli occhi di una 13enne

Un film di Nicola Prosatore. Con Dominique Donnarumma, Giuseppe Pirozzi, Antonia Truppo, Giovanni Esposito. Drammatico, 84′. Italia 2022

Estrema periferia di Napoli. È il 1987 e in quella stagione calcistica la squadra cittadina, trascinata da Diego Armando Maradona, si avvicina, partita dopo partita, alla conquista del suo primo scudetto. L’edificio in cui vive la tredicenne Anna con sua madre sta per essere espropriato, contro il parere dei suoi abitanti, per la costruzione di una sopraelevata. In quelle settimane Anna inizia a guardare alla vita in modo nuovo e a conoscerne anche i pericoli. Perché in quel microcosmo è arrivato un personaggio molto poco raccomandabile che però va nascosto e accudito.

 

Presentato in anteprima mondiale al Locarno Film Festival e poi ad Alice nella città, “Piano piano”, opera prima di Nicola Prosatore, è un coming-of-age non particolarmente originale, ambientato in un quartiere povero della periferia di Napoli.

In un modesto appartamento che presto verrà sgomberato, con finestre che affacciano su un grande cortile, vive Anna (Donnarumma), soprannominata “principessa”, una ragazzina che vive i primi tormenti amorosi e pulsioni sessuali. È il 1987, quando Diego Armando Maradona fa sognare la città con le sue prodezze…

Prosatore ambienta la sua storia in un contesto sociale altamente problematico, un mondo popolato da un’umanità povera, dove la criminalità organizzata ha la faccia del boss della zona, Don Gennaro (Lello Arena), e i ragazzini vengono spinti fin dalla tenera età a compiere imprese illegali.

Questo mondo viene filtrato e raccontato attraverso gli occhi di Anna che, dall’alto della sua finestra, come una principessa in una torre, osserva tutto ciò che accade e intanto prova a crescere, affrontando il rapporto conflittuale con la madre (Truppo) e il primo innamoramento.

“Piano piano” è un’opera che si lascia guardare pur non essendo particolarmente originale né sul piano tecnico né su quello narrativo. Per distinguersi dalla massa non basta infatti ricreare il mood degli anni ’80, con “Self control” di Raf come colonna sonora, una fotografia dai toni caldi, i titoli di testa con un font dedicato.

Un film normale, che lascia la sensazione di qualcosa di già visto e realizzato, anche con risultati migliori.

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