“Per te morirei”: escono per Rizzoli i racconti perduti di F. S. Fitzgerald

di Ilaria Grasso

 

Anche a molti anni dalla sua morte – il 21 dicembre ne saranno passati 77 – Francis Scott Fitzgerald non cessa di incuriosire il pubblico, con la sua biografia, i suoi scritti, e il mito dei ruggenti anni ‘20, ottimisti e chiassosi, a cui da sempre è legata la sua figura.

È uscito per Rizzoli il 27 aprile “Per te morirei”, che raccoglie dli ultimi racconti inediti dell’autore del “Grande Gatsby” e di “Tenera è la notte”.

Donati all’Università di Princeton dalla figlia Scottie negli anni ‘50, sono rimasti sepolti in archivio fino a oggi. Alcuni sono stati consultati di tanti in tanto dagli studiosi, ma altri erano stati dimenticati perfino dai familiari di Fitzgerald.

Si tratta di short stories inviate singolarmente, nel corso degli anni Trenta, a diverse riviste e testate – non pubblicati perché ritenuti troppo cupi, molto lontani dallo sfolgorio dei romanzi – cui sì aggiungono alcuni soggetti per il cinema.

Sono storie nelle quali giovani uomini e giovani donne parlano e pensano in una lingua nuova per l’epoca, senza censure, senza limitazioni, di matrimonio, di amore e sessualità.

Ci sono finestre spalancate sui sanatori e le cliniche psichiatriche, le stesse che ospitarono Zelda Fitzgerald nell’ultima parte della sua vita; ci sono spaccati della guerra civile, senza sconti alla violenza di quel momento fondante della storia americana. Ci sono le montagne del North Carolina, che Francis frequentò a lungo per curare la sua salute, e l’amatissima New York, ora con meno luci, quasi periferica, più vera.

C’è il mondo del cinema, scintillante ma non immune alle malinconie, e ci sono i ricchi, quella frangia della società che Fitzgerald come nessun altro aveva saputo raccontare negli anni Venti, accanto ai poveri resi sempre più poveri dalla Grande depressione.

Per te morirei“, grazie anche all’attenta curatela di Anne Margaret Daniel, è un affresco illuminante sul processo creativo di uno scrittore che, perfino nell’ultima parte della sua carriera, afflitto da difficoltà economiche, non fu disposto a compromessi o interferenze.

Ritroviamo qui in tutta la sua energia la prosa elegante, acuta, sorprendente di Fitzgerald, il talento puro e la voce inconfondibile di uno dei più grandi autori del Novecento.

 

«Quello qui sopra non è il mio vero nome – il tizio a cui appartiene mi ha permesso di usarlo per firmare questo racconto. Il mio vero nome non intendo divulgarlo. Faccio l’editore. Pubblico romanzi torrenziali sul primo amore scritti da vecchie zitelle del South Dakota, e polizieschi pieni di uomini di classe e ragazze Apache con «occhi neri come la notte», e saggi su questo o quest’altro pericolo epocale o sul colore della luna a Thaiti, firmati da professori universitari o da altri disoccupati. Non pubblico romanzi di autori sotto i quindici anni. Soci e socialisti (mi confondo sempre) mi insultano perché dicono che penso solo ai soldi. I miei figli non fanno che chiedermene. Se mi offrissero tutti i soldi che ci sono a New York non rifiuterei di certo.»

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