Un film di Claudio Noce. Con Pierfrancesco Favino, Barbara Ronchi, Mattia Garaci, Francesco Gheghi, Anna Maria De Luca. Drammatico, 120′. Italia 2020
Roma, 1976. Valerio Le Rose è un bambino quando suo padre Alfonso, noto magistrato, subisce un attacco terroristico sotto casa. I genitori pensano che Valerio dorma, invece lui si sveglia e dal balcone assiste a parte della scena, anche se non ne parla con nessuno. Da quel momento la sua infanzia si consuma nella paura e in un costante stato di allerta, mentre i genitori cercano di tenere nascosta a lui e alla sua sorellina Alice la pericolosità della loro esistenza sotto scorta. E l’antica abitudine di Valerio di inventarsi amici immaginari trova una materializzazione in Christian, un ragazzo di poco più grande ma apparentemente molto meno spaventato dalla vita.
Gentile Claudio, mi permetto di scriverle queste poche righe dopo aver visto il suo “Padrenostro”, presentato in concorso alla Mostra del cinema, e aver partecipato alla conferenza stampa, ascoltando con attenzione e curiosità le sue parole sulla genesi del film e sulla necessità di realizzarlo in questo momento.
Partecipo come inviato a Venezia solo da pochi anni, ma mi considero un grande appassionato di cinema e quando devo scrivere la recensione di un film mi sforzo di essere il più obiettivo possibile.
Per questo mi si pone oggi un dubbio amletico: posso stroncare un film basato su una sofferta esperienza personale? Un film che per lei doveva avere una certa valenza, ma che a me non è arrivato?
La sceneggiatura e la successiva messa in scena risultano ingannevoli, poco chiari, fuorvianti. “Padrenostro” sembra la storia di un ragazzo che, dopo aver assistito all’attentato subito dal padre, non è più lo stesso. Per gran parte del tempo ho pensato che Valerio (Garaci) stesse vivendo un infinito loop mentale e temporale. E che dire di Christian (Gheghi), misterioso amico del ragazzo?
Il film pone molti interrogativi ma non consente con facilità di trovare le risposte. Non è un brutto film, anzi, è ben confezionato, ha un ottimo cast – dove spicca Barbara Ronchi – e una storia vera forte come punto di partenza, ma alla fine si ha la sensazione di aver perso il senso più profondo e intimo di quanto visto.
Ed eccomi arrivato, caro Claudio, al punto della mia lettera. Io ho avuto la fortuna di ascoltare le sue ragioni personali e artistiche in conferenza. Per lei “Padrenostro” parla dei “bambini invisibili” costretti a cresce durante gli anni del terrorismo, è una lettera d’amore per un padre duro e severo ma presente.
Tutte queste cose io non le ho ritrovate nel film, e a giudicare dai pochi applausi e dal silenzio che ha accolto la fine della proiezione a Venezia, non si è trattato solo di un mio limite. Le auguro che il pubblico premi comunque il suo coraggio nel condividere un momento così personale e sofferto.
Con stima, Vittorio.